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Affari Europei
Il Parlamento Ue chiede di fermare la corsa allo sfruttamento dell'Artico
Nicola Caputo, eurodeputato del Pd

 

Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Il ghiaccio artico si é ridotto del 40% rispetto a 35 anni fa. Questa contrazione della calotta, dovuta ai cambiamenti climatici, porta con sé conseguenze enormi dal punto di vista ambientale, ma anche geopolitico ed economico. Lo scioglimento del pack e del permafrost ha infatti come effetto quello di liberare nell'atmosfera milioni di tonnellate di gas ad effetto serra prima intrappolate nel terreno. Ma ha anche l'effetto di rendere economicamente sfruttabili terre che prima non erano accessibili, nonché tratti di mare ora navigabili. Per questo il Parlamento europeo ha chiesto con una risoluzione di mantenere l'Artico una zona a bassa tensione e di preservare il suo ecosistema dai cambiamenti climatici e dalla competizione internazionale per le risorse naturali.

"L'habitat dell'artico é estremamente fragile. I cambiamenti climatici causati dalle attività dell'uomo lo stanno già stravolgendo, ma non possiamo ora peggiorare la situazione andando a sfruttare le risorse che si trovano in quella regione", spiega ad Affaritaliani.it Nicola Caputo, eurodeputato del Partito democratica.

Onorevole Caputo, quali tipi di risorse sono diventate disponibili ora che i ghiacci si sono ritirati?
"Ci sono ricchezze di ogni genere. Si stima che il 25% delle risorse globali sia nascosto sotto i ghiacci dell'Artico. Parliamo di petrolio e gas, ma anche minerali fino ad arrivare ad ingenti stock di pesce".

Quali sono i Paesi interessati al loro sfruttamento?
"Sono principalmente quegli Stati che hanno parte del proprio territorio nell'Artico, come gli Stati Uniti, il Canada, la Norvegia, l'Islanda e la Russia. Ma sono interessati anche i Giapponesi, i danesi e tanti altri".

Che cosa chiedete come Parlamento europeo?
"Abbiamo votato una risoluzione per chiedere prima di tutto che l'Artico rimanga una zona a bassa tensione. Dal punto di vista geopolitico le frizioni a livello mondiale stanno aumentando. Gli Stati Uniti stanno correndo al riarmo, la Cina é in conflitto con il Giappone per il controllo delle acque territoriali e la Russia sta consolidando la sua sfera di influenza. Il rischio é che le tensioni sfocino in una militarizzazione dell'Artico".

Perché gli Stati dovrebbero essere interessati a militarizzare questa zona desolata del pianeta?
"Perché dal punto di vista geopolitico é strategica. La Russia ha fondato almeno sei nuove basi a nord del circolo polare artico, inclusi sei porti in acque profonde e 13 aerodromi. Mosca vuole il controllo dell'area per ragioni strategiche e di sfruttamento delle risorse naturali".

Nella risoluzione era presente una richiesta per bandire le trivellazioni, come mai?
"Perché l'ecosistema artico é molto fragile e non possiamo metterlo a rischio. Pensiamo cosa accadrebbe se si ripetesse un disastro come quello della Deep water horizon, nel Golfo del Messico. Inoltre se permettiamo lo sfruttamento delle risorse naturali dell'Artico daremo il via ad una corsa a controllare quella regione con conseguenze nefaste per i popoli indigeni e la natura. Purtroppo tutti non la pensano cosi e la maggioranza del Parlamento europeo ha respinto la richiesta di bando totale delle trivellazioni nell'Artico".

Nella risoluzione era richiesto anche che non vengano sfruttate le risorse ittiche?
"Non ci deve essere un bando della pesca, ma deve essere effettuata in maniera sostenibile, basandosi su un prelievo delle risorse che sia scientificamente determinato. Oltre il Circolo polare artico si sono conservati dallo sfruttamento stock importanti di pesci. Inviare i nostri pescherecci in quelle zone metterebbe sotto pressione un ecosistema già fragile. Fortunatamente questa richiesta è passata".

Lo scioglimento del ghiaccio ha aperto anche nuove rotte commerciali, come il famoso Passaggio a Nord-Ovest. Bisognerebbe considerare precluse al traffico marittimo quelle zone?
"Noi abbiamo chiesto che le navi che transitano dall'artico non brucino oli combustibili e che tali sostanze non vengano trasportate. L'Artico é comunque un mare difficile in cui il rischio di incidenti é alto e di conseguenza anche  il danno ambientale".

Questa é una risoluzione che se dovesse tradursi in un atto legislativo vincolerebbe gli stati aderenti all'Unione europea. Ma i maggiori attori in gioco sono esterni all'Unione, come si puó raggiungere un accordo a livello globale?
"Quello del Parlamento é un segnale molto forte ad una collaborazione internazionale. Già oggi esiste il Consiglio artico, un forum internazionale che discute dei problemi della regione. Tre sono gli Stati membri dell'Ue, Danimarca, Finlandia e Svezia e cinque non europei: Canada, Usa, Islanda, Norvegia e Russia. L'Italia é membro come Paese osservatore. A questo livello é possibile prendere decisioni importanti".

In un momento di crisi economica per l'Europa le risorse che sono custodite nell'Artico potrebbero però diventare preziose...
"L'Europa ha deciso di procedere verso un tipo di sviluppo a basso impatto ambientale. L'accordo di Parigi, con i suoi tetti vincolanti alle emissioni, come le politiche europee, sono improntate allo sviluppo di tecnologie green. Su questo dobbiamo impegnarci e non sullo sfruttare nuove terre vergini".

Tags:
artico trivelle





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