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Affari Europei
Brexit: dimissioni di massa nel governo May. Chiesta sfiducia, si vota il 20

Brexit: due deputati chiedono voto sfiducia, forse martedì

Sono due i deputati Tory che hanno presentato richiesta di tenere un voto di sfiducia nei confronti della premier britannica, Theresa May, sotto accusa per i termini dell'accordo raggiunto con l'Ue per la Brexit. La votazione potrebbe tenersi martedi', ha riferito la giornalista di Sky News Sophy Ridge, se entro oggi arriveranno almeno 48 richieste. Il primo a prendere l'iniziativa e' stato il deputato conservatore Jacob Rees-Mogg, che ha criticato l'intesa presentata dalla May, sostenendo che contraddice le promesse elettorali fatte dai Tory. Di seguito, anche il collega Henry Smith ha inviato una missiva a Graham Brady, presidente del gruppo parlamentare dei conservatori alla Camera dei Comuni, facendo la stessa richiesta di un voto di sfiducia.

Brexit: governo May traballa, si dimettono in 5 

Il governo conservatore britannico di Theresa May rischia il collasso sotto il peso dell'accordo sulla Brexit raggiunto con Bruxelles e perde cinque esponenti, fra cui lo stesso ministro che ha portato avanti il negoziato con l'Ue. Nel giro di tre ore, ancor prima che May si presentasse alla Camera dei Comuni a convincere i parlamentari sulla "necessita' di portare a casa un accordo responsabile" e sull'"inevitabilita'" di concessioni sulla frontiera nordirlandese, i ministri per la Brexit, Dominic Raab, per il Lavoro, Esther McVey, e per l'Irlanda del Nord, Shailesh Vara, e i sottosegretari Suella Braverman (Brexit), e Anne-Marie Trevelyan (Istruzione), si sono dimessi.    "L'accordo non mantiene le promesse fatte agli elettori", e' la sintesi delle motivazioni avanzate dai cinque dimissionari, tutti Tory. Il panico politico ha presto invaso anche il campo economico con la sterlina in forte ribasso dopo un inizio giornata positivo. In poco tempo ha raggiunto la quotazione di 1,36 sull'euro, perdendo l'1,08%.    Dure critiche sono arrivate anche dal Dup, il partito unionista nord-irlandese, vitale per la coalizione di maggioranza, e contrario al "backstop", la "rete di protezione" che permettera' di avere un confine non rigido tra l'Irlanda del Nord - che fa parte del Regno Unito - e la Repubblica dell'Irlanda una volta formalizzato il divorzio di Londra dall'Ue. Il leader Nigel Dodds ha denunciato la violazione delle promesse, sostenendo che l'intesa portera' alla disintegrazione del Regno Unito. E' un accordo che sembra non piacere a nessuno, nemmeno alla premier che per difenderlo ha invocato "inevitabilita'" e "responsabilita'" davanti a una Camera dei Comuni molto scettica, non solo tra i banchi dell'opposizione.

"L'intesa con l'Ue non e' l'accordo finale", ha premesso May. "Abbiamo voluto fare la scelta giusta e non quella facile, per onorare la promessa fatta al popolo", ha aggiunto lasciando il destino del negoziato alla Camera. "Possiamo scegliere di partire senza alcun accordo, possiamo rischiare di non avere la Brexit o possiamo scegliere di unirci e sostenere l'accordo migliore che possa essere negoziato", ha esortato May invertendo la retorica - finora adottata - secondo cui "un no deal sarebbe meglio di un cattivo accordo". I parlamentari non sono stati convinti, non solo tra la minoranza ma anche tra i sostenitori di May. Jeremy Corbyn, che guida i laburisti, ha definito l'intesa "un fallimento". Dall'altra parte della Manica, i principali interessati si limitano al ruolo di osservatori. "Resteremo molto calmi e metodici", ha fatto sapere il capo negoziatore per l'Ue, Michel Barnier. La bozza di accordo rappresenta "un punto importante di questo lungo negoziato", ma "non siamo alla fine della strada", ha spiegato. "Restano diverse tappe, compresa la ratifica" da parte dell'Europarlamento e del Parlamento britannico, a questo punto tutt'altro che scontata. Nel frattempo il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha convocato per il 25 novembre un "vertice straordinario" per decidere sull'intesa. La cancelliera tedesca, Angela Merkel, opta per una lettura piu' ottimistica: "Se non vi fosse nessun accordo, sarebbe lo scenario peggiore, il meno regolato", ha dichiarato considerando quella presente ora sul tavolo "una buona base di ragionamento". Il ministro dell'Economia e delle finanze francese, Bruno Le Maire, la ritiene invece "una buona notizia per le aziende francesi", ma il suo premier, Edouard Philippe, avverte: il rischio di un no-deal "e' ancora sul tavolo".

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