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Affari Europei
Ceta, Mosca: “Senza la firma l'Unione europea é finita”

Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Sette anni fa l'Unione europea ha iniziato a negoziare un accordo di libero scambio con il Canada. L'accordo prevede l'abbattimento di gran parte delle barriere doganali tariffarie (i dazi che vengono caricati sulle merci importate) e non tariffarie (ad esempio quelle che riguardano il mutuo riconoscimento degli standard di sicurezza). Il Ceta, questo il nome del trattato, doveva essere firmato ieri a Strasburgo dal presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, e da Justin Troudeau, il premier canadese. Ma la firma é saltata per il veto della Vallonia. Questa piccola regione belga infatti ha sfruttato la possibilità di veto offertagli dalla costituzione nazionale per impedire al premier Charles Michel di dare il via libera in Consiglio Ue alla ratifica del trattato.

Il Belgio é diviso in varie entità territoriali e linguistiche, tra cui la Vallonia (regione a sud, francofona e agricola). Nell'ambito di una Costituzione iper-garantista delle autonomie locali, le regioni hanno il potere di indirizzare e bloccare i voti del premier in sede di Consiglio europeo. E dato che i trattati commerciali, per entrare in vigore, hanno bisogno dell'unanimità dei ventotto Stati Ue, ecco che basta un no della Vallonia perché tutto salti.

Ora sembra che il premier Michel abbia trovato un accordo con Paul Magnette, il leader dei socialisti valloni. “Ma é impensabile che una regione che rappresenta lo 0,6% della popolazione europea sia in grado di tenere in scacco l'intera Unione”, spiega ad Affaritaliani.it Alessia Mosca, eurodeputata del Pd e membro della Commissione per il Commercio internazionale. “Quella commerciale é l'unica politica davvero europea, insieme alla Concorrenza. Se noi lasciamo che gli Stati se ne riapproprino possiamo chiudere l'Unione europea perché non ha più senso rimanere qui”.

Onorevole Mosca, se la politica commerciale é di competenza esclusiva dell'Europa, perché i Parlamenti dei Ventotto devono ratificare il trattato Ceta?
“E' una situazione piuttosto complessa. Il Ceta, negoziato tra il governo canadese e la Commissione europea, deve essere dapprima votato in sede di Consiglio, quindi dai governi dei ventotto Stati, e poi dal Parlamento Ue. Con queste due votazioni il Ceta entra in vigore in maniera provvisoria perché si devono attendere i voti dei Parlamenti nazionali, in tutto 38 se si considerano che alcuni Stati, come l'Italia, hanno più camere. Nel caso della Corea del Sud ci sono voluti cinque anni”.

Ed é a questo punto che la Vallonia ha posto il suo veto?
“No. Il voto vallone rappresenta un veto per il premier belga che non puó dare il suo via libera a livello di Consiglio ed impedisce di fatto che il Parlamento europeo, l'unica istituzione Ue davvero rappresentativa del popolo europeo, si possa esprimere”.

Quindi la Vallonia puó bloccare il voto del premier in Consiglio?
“Esatto. Si tratta di un problema di funzionamento federale del Belgio. Pochi anni fa é stato introdotto una modifica alla costituzione per cui i cinque parlamenti del Belgio (Vallonia, Fiandre, Città di Bruxelles, comunità francofona e germanofona, ndr) hanno il diritto di poter bloccare le decisioni del governo in sede di Consiglio”.

Qualcuno ha definito quella della Vallonia la lotta democratica di Davide contro Golia. Non é così?
“Assolutamente no. Primo, perché la Vallonia rappresenta lo 0,6% dei cittadini europei e non trovo democratico che una minoranza blocchi un accordo voluto dalla maggioranza. In secondo luogo il no vallone va al di là dei contenuti del trattato, ma si spiega esclusivamente con logiche interne alla politica regionale”.

Ci puó spiegare meglio?
“Il leader dei socialisti valloni, Paul Magnette, ha cercato di ottenere visibilità. E' emblematico che nei giornali belgi si riempiano pagine e pagine di commenti riguardo a correnti di partito, fazioni e sondaggi. Mentre dei contenuti del Trattato non se ne fa cenno”.

Cosa accadrebbe se, come sembra, la Vallonia desse il via libera?
“Il Consiglio allora voterebbe il trattato che poi passerebbe in Parlamento ed entrerebbe in vigore in maniera provvisoria nell'attesa che i Parlamenti nazionali lo sottoscrivano”.

Entrando nel merito dell'accordo, lei ritiene che il Ceta sia una buona occasione per la nostra economia?
“Assolutamente sì, metterà le nostre aziende nelle condizioni di esportare di più verso il Canada, un mercato in cui il Made in Italy viene molto apprezzato. Per capire quanto per noi sia vantaggioso basti dire che Ottawa ha riconosciuto le Indicazioni geografiche tipiche, una cosa mai successa fino ad oggi”.

Questo come aiuta le nostre imprese?
“Ad oggi il Consorzio del Prosciutto di Parma non puó esportare in Canada i suoi prodotti perché una azienda canadese ha registrato come trademark il nome 'prosciutto di Parma'. Con il Ceta questo divieto cadrebbe e l'unicità dei fiori all'occhiello del nostro Made in Italy saranno riconosciuti”.

Quali sono i settori dell'agroalimentare a beneficiarne di più?
“Il settore vitivinicolo e quello lattiero-casario. Negli ultimi anni il settore del vino ha visto un incremento del 30% delle esportazioni verso il Canada, pensiamo a cosa accadrebbe se ci fosse libero mercato. Il Canada rappresenta invece il quarto mercato per i prodotti lattiero-caseari europei”.

Se noi potremo esportare più facilmente é vero anche il contrario. Saremo invasi dalla carne e dai formaggi canadesi?
“Il Canada ha 35 milioni di abitanti, l'Europa 500. Credo che sia difficile essere invasi dai loro prodotti”.

Prodotti con livelli di sicurezza alimentare più bassi di quelli europei potranno entrare in Ue?
“Assolutamente no, non ci sarà alcun abbassamento dei nostri standard. Le garanzie per i consumatori europei rimarranno invariate. Questi sono falsi miti messi in giro ad hoc, come quello sulla privatizzazione dei servizi pubblici essenziali. Sono falsità”.

L'altra bandiera degli anti-Ceta é il famigerato tribunale arbitrale, in grado di giudicare e condannare gli Stati...
“Due anni fa abbiamo riaperto le trattative, che erano già state chiuse, per avere ulteriori rassicurazioni sull'Isds, il tribunale arbitrale che sarà chiamato a dirimere eventuali dispute tra aziende e Stati. Secondo alcuni poteva rappresentare un elemento di criticità per la sovranità nazionale, ma noi abbiamo fatto in modo che fosse ben chiara l'esclusione di questa eventualità”.

Crede che la vicenda Ceta abbia incrinato la credibilità dell'Unione europea?
“Assolutamente sì, con quale spirito i nostri partner internazionali si metteranno al tavolo delle trattative con Bruxelles sapendo che una piccola regione puó mandare a monte un lavoro durato sette anni. Ma voglio anche sottolineare che non ha senso avere una Europa che non puó prendere decisioni negli ambiti di sua esclusiva competenza”.

Tags:
ceta unione europea





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