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Affari Europei
Cambiamenti climatici, il tempo é scaduto

Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani

Il clima sta cambiando e le conseguenze sono visibili a tutti i cittadini europei che hanno a che fare sempre più spesso con fenomeni intensi e andamenti meteorologici anomali. Le cause dietro le follie del clima sono i gas climalteranti prodotti dall’uomo, come l’anidride carbonica o il metano, che si sono accumulati in atmosfera dalla rivoluzione industriale ad oggi.

Per mitigare gli effetti e scongiurare scenari nefasti l’Accordo di Parigi, sottoscritto anche dall’Unione Europea, prevede degli obiettivi di riduzione delle emissioni con l’obiettivo di mantenere l’innalzamento della temperatura globale sotto il grado e mezzo, considerato il tetto massimo sopra il quale é a rischio l'equilibrio del Pianeta.

“Oggi siamo ben distanti da raggiungere questo obiettivo per una mancanza di politiche realmente incisive in termini di emissioni”, spiega ad Affaritaliani Eleonora Evi, eurodeputata del Movimento 5 Stelle che ha seguito questo dossier in Commissione ambiente a Strasburgo. E proprio il Parlamento europeo ha votato durante la seduta plenaria di marzo una risoluzione per cercare di buttare il cuore oltre l’ostacolo e definire delle raccomandazioni per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Le parti firmatarie dell’accordo sono infatti invitate a comunicare entro il 2020 le loro strategie di sviluppo a medio e lungo termine per ridurre le emissioni di gas serra. Nella comunicazione “Un pianeta pulito per tutti“ adottata il 28 novembre, la Commissione ha presentato la sua visione strategica di lungo periodo per una economia a impatto climatico zero entro il 2050. Scenari che tuttavia sono ben distanti dalla realtà dei fatti.

“Sette degli otto scenari delineati dalla Commissione falliscono nel raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Questo perché ad oggi non ci sono ancora politiche forti dedicate ad una transizione complessiva del sistema produttivo verso una economia a zero emissioni“, sottolinea Evi.

Sul banco degli imputati uno dei principali indiziati è il settore dei trasporti che ha visto crescere costantemente la quantità di gas climalteranti immessi in atmosfera. Bruxelles chiede che le case automobilistiche procedano allo sviluppo di motori meno inquinanti e sviluppino tecnologie di mobilità elettrica. Tuttavia è sotto gli occhi di tutti che siamo ancora agli albori di un settore davvero green e che lo scandalo Volkswagen sì è risolto con un nulla di fatto sia in termini di sanzioni per la casa costruttrice tedesca, che ha manipolato i test, sia a livello di limiti di emissioni e di controlli condivisi.

“Il sistema produttivo europeo è fortemente dipendente dalle risorse fossili e ad oggi non c’è assolutamente nessuna strategia complessiva per scardinare questo sistema”, spiega Dario Tamburrano, eurodeputato del M5S che ha seguito il dossier clima in Commissione Industria ed energia. “L’Unione europea ha messo in campo singoli provvedimenti slegati tra loro, con un impatto modesto e che talvolta vengono persino depotenziati nel nella fase attuativa“.

È il caso delle etichette energetiche degli elettrodomestici, dove a fronte di un regolamento approvato dal Parlamento e dal Consiglio che stabilisce l’introduzione di etichette smart in grado di orientare meglio le scelte del consumatore, in fase di attuazione la Commissione ha molto depotenziato la spinta innovativa permessa della legislazione.

“Il mantra che le lobby ripetono é che passare ad un sistema produttivo ad emissioni zero getterebbe l’economia dell’Europa in una crisi profonda. Questo non è assolutamente vero”, precisa Tamburrano. “Anzi, ripensare in maniera globale il modo in cui viviamo e produciamo permetterebbe non solo di tutelare l’ambiente ma darebbe un impulso all’economia senza precedenti“.

Il nodo sta nella volontà politica e nel reperimento delle risorse. Ma entrambi gli eurodeputati fanno notare che la Banca centrale europea ha stampato centinaia di miliardi di euro per stabilizzare il settore finanziario attraverso il quantitative easing. Che cosa sarebbe accaduto se quei soldi fossero stati immessi nell’economia reale per trasformare il tessuto produttivo in un’ottica ecosostenibile?

“Spesso ci ripetiamo che l’Europa ha già fatto tanto per ridurre le emissioni e che ora è il turno dei paesi emergenti. Non ci dobbiamo dimenticare però che noi abbiamo ridotto le nostre missioni perché gran parte della produzione più inquinante ormai è stata delocalizzata in altri continenti”, ricorda Tamburrano. “Anche nella definizione dei rapporti commerciali sarebbe utile far pesare come le merci vengono prodotte. E' ipocrita ritenersi virtuosi quando poi si acquistano merci a basso costo prodotte con tecnologie altamente inquinanti in paesi lontani”.

Un altro settore che è tra i principali responsabili di emissioni climalteranti e che é anche la prima vittima dei cambiamenti climatici e l’agricoltura. Un settore che secondo Evi e Tamburrano dovrebbe ripensarsi profondamente, abbandonando logiche intensive e abbracciando invece pratiche più sostenibili. Un ruolo lo giocano anche i consumatori che spesso non si rendono conto dell’impatto sul clima che ha una merce prodotta dall’altra parte del mondo e trasportata fino in Europa.

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