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Affari Europei
Congresso del Pcc, gli occhi di Bruxelles puntati su Pechino
Xi Jinping e Jean Claude Juncker

 

La Cina é un partner strategico per l'Unione europea sotto molteplici punti di vista. Ma commercio ed equilibri geopolitici in Asia sono certamente le due questioni che più stanno a cuore a Bruxelles. Per questo il diciannovesimo congresso del Partito comunista cinese é seguito con estrema attenzione dalle capitali europee e nelle Istituzioni dell'Unione. Perché se é vero che la leadership di Xi Jinping con tutta probabilità non verrà messa in discussione, é anche vero che dalla Sala del Popolo, in piazza Tienanmen, si prederanno decisioni che avranno un impatto importante sull'economia nostrana.

La questione nordcoreana spaventa il mondo

La politica estera cinese non sarà aggressiva, almeno secondo quanto detto da Xi, ma sará improntata allo sviluppo di un esercito moderno capace di fronteggiare le eventuali minacce che potrebbero sorgere in futuro. Pechino mira a creare una area di influenza intorno ai suoi confini. Accordi con la Russia e con le Repubbliche eurasiatiche. Ricostruzioni di legami con Filippine e Vietnam. Ma soprattutto affermazione della supremazia della marina della Repubblica popolare nell'Oceano Pacifico, e respingimento delle pretese degli altri Stati limitrofi (come il Giappone). Mentre la Nord Corea, che con i suoi missili balistici a testa nucleare spaventa il mondo intero, non sarà abbandonata. La strategia é quella di continuare a proteggere Pyongyang come deterrente per gli Stati che dovessero mirare a destabilizzare Pechino.

Xi punta su commercio ed economia di mercato, ma...

La Cina non chiuderà le porte, ma anzi le aprirà ancora di più al mondo. E' questo il messaggio per gli investitori stranieri contenuto nelle parole pronunciate dal presidente cinese Jinping. Sono cinque le aree principali di interesse e di possibile azione delineate da Xi per un futuro prossimo. L'iniziativa One Belt One Road di sviluppo infrastrutturale tra Asia, Europa e Africa e' una "priorita'" e l'obiettivo e' quello di "aprire ulteriormente la Cina attraverso corridoi che corrono verso est e verso ovest, e attraverso la terra e sul mare". In questo contesto gli investimenti cinesi in infrastrutture saranno ingenti e per l'Europa si aprono opportunità interessanti. Anche se molti ritengono che incrementare ancora di piú il commercio con il Dragone asiatico sia pericoloso.

La Cina prova a spacciarsi come economia di mercato

La Cina promette poi di "espandere il commercio con l'estero, sviluppare nuovi modelli e nuove forme di commercio, e portare la Cina a diventare un operatore del commercio di qualitá". Una strategia in contrasto con la politica di chiusura di Trump che peró nasconde un vizio: la Cina é molto lontana dall'essere una economia di mercato in cui é la libera concorrenza ad avere la meglio su altri interessi.

Xi Jinping prova ad attrarre investitori esteri

Xi ha promesso di promuovere "alti standard di liberalizzazione e di facilitazione di commercio e investimenti", che si tramuteranno in "un significativo allentamento nell'accesso al mercato, apertura ulteriore del settore dei servizi, e protezione dei legittimi diritti e interessi degli investitori stranieri". Il risultato di queste aperture sara' che "tutte le attivita' registrate in Cina verranno trattate in modo egualitario". Dichiarazioni di principio che peró dovranno essere sostenute da azioni concrete. Infine nella visione di Xi e' previsto lo "sviluppo di nuovi modi di fare investimenti outbound, promuovere la cooperazione internazionale nella produzione industriale, formare network a livello globale di commercio, investimenti e finanziamenti, produzione e servizi".

Per Pechino la parola d'ordine é "socialismo con caratteristiche cinesi"

Le promesse sul piano delle aperture negli investimenti e nel commercio si inseriscono nel panorama di un discorso orientato soprattutto allo sviluppo di una "nuova era" per la Cina, sotto il socialismo con caratteristiche cinesi, e che punta, nel lungo periodo, con un sguardo che arriva fino al 2050, a fare della Cina "un grande, moderno Paese socialista", come Xi ha ribadito in piu' occasioni durante il lungo discorso al Congresso.

Pechino mette un freno agli investimenti pericolosi o 'emotivi'

I nuovi impegni del presidente cinese si inseriscono anche in un altro contesto, quelle delle ultime linee guida approvate dal governo cinese ad agosto scorso, che dividono gli investimenti all'estero in tre categorie: - vietati (come nel caso di quelli nell'industria pornografica o nel gioco d'azzardo); - incoraggiati, come nel caso di quelli che rientrano nell'iniziativa Belt and Road, che ritorna piu' volte all'interno del discorso di Xi; - soggetti a restrizioni (come nel caso di quelli nell'immobiliare, nello sport e nell'intrattenimento).

La Banca centrale cinese lancia l'allarme: possibile crollo degli asset

La Cina corre il rischio di dovere fare i conti nel prossimo futuro con gli effetti di un eccessivo ottimismo che potrebbe portare al 'momento di Minsky', ovvero all'improvviso collasso del valore degli asset al termine di un ciclo economico di prosperita', scatenato da livelli tropo alti di speculazione. E' l'ultima previsione del governatore della banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, che ha parlato nel corso dei lavori del Congresso del Partito Comunista Cinese. "Se ci sono troppo fattori ciclici in economia", ha spiegato Zhou, "le fluttuazioni cicliche sono gonfiate e si crea un ottimismo eccessivo nel periodo, accumulando contraddizioni che possono portare al momento di Minsky". La conclusione, per il governatore della banca centrale cinese, e' che ci si deve "focalizzare sul prevenire un cambiamento drammatico", e in particolare, ha aggiunto, la Cina dovra' controllare una possibile bolla degli asset e affrontare seriamente la questione del debito.

La Cina cresce, ma é appesantita da un debito monstre

Intanto l'ufficio di statistica di Pechino ha fato sapere che la Cina é cresciuta del 6,8% nel terzo trimestre del 2017. Crescita in leggero rallentamento dunque e il debito cinese, oggetto di due revisioni al ribasso del rating nel corso del 2017 da parte di Moody's e di Standard & Poor's, preoccupano. L'indebitamento di Pechino é pari al 234% del prodotto interno lordo, secondo i calcoli del Fondo Monetario Internazionale: cresciuto a una media di oltre il 10% all'anno dall'inizio della crisi finanziaria globale del 2008, entro il 2022, sempre secondo l'istituto diretto da Christine Lagarde, potrebbe arrivare al 300% del pil.

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