Globalizzazione, Cicu: positiva, ma l'Ue partecipi alla scrittura delle regole
La globalizzazione dei commerci é una opportunità per l'Unione, ma Bruxelles deve partecipare alla definizione delle regole globali. L'intervista
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
Dopo un periodo di espansione dei commerci globali che sembrava non doversi arrestare mai, molti Stati oggi stanno innalzando barriere commerciali. Donald Trump ha vinto le elezioni parlando alla pancia dei tanti lavoratori rimasti a casa perché le aziende hanno delocalizzato in Messico o in Asia. Ma anche in Europa Marine Le Pen ha sfiorato l'elezione all'Eliso al grido di 'prima la Francia'.
E mentre la Londra della Brexit sta facendo i conti con la ridefinizione delle regole che la legano all'Unione, la Commissione europea ha pubblicato un documento in cui illustra pericoli e opportunità della globalizzazione. Affaritaliani.it ha intervistato Salvatore Cicu, eurodeputato di Forza Italia, membro della Commissione per il commercio internazionale e profondo conoscitore della materia.
Onorevole Cicu, la globalizzazione é una opportunità per l'economia europea o una minaccia?
"L'Europa é aperta al mondo e deve continuare ad esserlo. Il commercio internazionale rappresenta una opportunità per le nostre imprese, grandi e medie, che hanno bisogno che l'Unine europea sia un attore attivo nel definire le 'regole del gioco' del commercio globale".
La globalizzazione per superare la crisi economica europea?
"Il mercato interno europeo é stagnante o cresce poco, per questo le nostre imprese devono guardare all'estero in cerca di opportunità".
Donald Trump però sembra aver sposato la ricetta opposta, una chiusura degli Stati Uniti al mondo...
"Trump puó permettersi di privilegiare il mercato domestico perché i consumi degli americani sono forti e in crescita. Tuttavia continua a interloquire con gli altri Stati e a stringere accordi commerciali. Lo abbiamo visto con la carne contenente ormoni che Washington in Europa non puó esportare e che ora vende in Cina".
Aprirsi al mondo significa però anche aprire i nostri mercati alle merci a basso costo provenienti dall'Asia. Non é un boomerang?
"Come europei noi dobbiamo privilegiare la qualità puntando sui prodotti ad alto valore aggiunto, dove siamo ancora insuperabili. Ma dobbiamo anche essere vigili per difendere i nostri mercati dalla concorrenza sleale di alcuni soggetti".
Lei é relatore per il Parlamento europeo del dossier riguardo ai nuovi criteri antidumping, di che cosa si tratta?
"Il Parlamento é colegislatore, insieme a Commissione e Consiglio, nella definizione dei nuovi criteri antidumping. Quelle regole cioè che permettono all'Unione europea di difendersi dalla concorrenza sleale di alcuni Paesi ponendo dei dazi all'import di alcuni prodotti".
Come l'acciaio cinese?
"Esattamente. Il settore siderurgico cinese é fortemente sovvenzionato dallo Stato e questa é una distorsione di mercato inaccettabile. Le imprese cinesi vendono i loro prodotti sotto costo in Europa e dunque Bruxelles riequilibra la situazioni con i dazi. Ma questo sistema sta cambiando".
Come mai?
"Perché Pechino, che fa parte del Wto da 15 anni, ora vuole vedersi riconosciuto lo status di Economia di mercato. Nel momento in cui ottenesse questo riconoscimento per l'Unione sarebbe più difficile difendersi dal suo export. Ecco allora che stiamo lavorando ad una proposta per cambiare la metodologia e superare la distinzione tra economia di mercato e non di mercato".
In che direzione state andando?
"Superando questa distinzione ci metteremmo al riparo dalle rivendicazioni di Pechino. Il nostro obiettivo d'altronde deve essere quello di proteggere il nostro sistema produttivo dalla concorrenza sleale che Pechino porta avanti in alcuni settori, da quello dell'acciaio alla ceramica, dai pannelli fotovoltaici alle biciclette".
Qual é la nuova metodologia che state proponendo?
"Noi partiamo dal principio di 'distorsione significativa'. Quando un Paese ha delle distorsioni significative, rilevate dalla Commissione attraverso report ad hoc, per l'Unione deve essere possibile mettere in campo delle politiche a difesa della propria industria".
Che cosa si intende per 'distorsione significativa di mercato'?
"Ad esempio quando c'é una proprietà pubblica delle imprese o comunque un forte aiuto di Stato. Quando non vengono rispettate i diritti dei lavoratori o le norme a tutela dell'ambiente. Ma anche quando non c'é chiarezza nel diritto fallimentare e societario".
La Cina é percepita da molti come il nemico, é così?
"Assolutamente no, la Cina é una grande opportunità per le nostre imprese ma dobbiamo costruire un rapporto di dialogo e rispetto reciproco. Inoltre dobbiamo essere proattivi nel partecipare alla stesura delle norme internazionali che regolano il commercio, in modo da non ritrovarci poi con il fianco scoperto".