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Affari Europei
Macron prova a prendersi la Libia mentre l'Italia è senza governo

Libia: Macron vuole elezioni nel 2018, per Roma è "impossibile" 

Mentre a Roma si discute, Parigi tenta di espugnare la Libia. O, almeno, di gestire una futura transizione politica nel paese che non ha ancora trovato una stabilità interna dalla caduta di Muammar Gheddafi. Si apre oggi la Conferenza internazionale sulla Libia voluta da Emmnanuel Macron, il cui attivismo diplomatico genera preoccupazione a Roma, che, sia perché alla prese con la formazione di un governo sia per non lasciare in mano al presidente francese il dossier libico, ha scelto il basso profilo, facendosi rappresentare dall'ambasciatore in Francia, Teresa Castaldo, mentre non e' prevista la partecipazione del segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni. 

Maxi incontro diplomatico a Parigi

A Parigi arriveranno, invece, il premier del governo di Accordo nazionale, Fayez al-Sarraj; l'uomo forte della Cirenaica, il maresciallo Khalifa Haftar; il presidente del parlamento, Aguila Salah, e quello del Consiglio di Stato, Khaled al-Mishri. L'obiettivo e' il varo di un piano preparato da Parigi, e in cui e' fissato il calendario di un processo politico che prevede elezioni legislative e presidenziali entro la fine di quest'anno. L'impegno, se sara' preso, vede come garanti i cinque paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia), l'Italia, e poi Egitto, Tunisia, Ciad e gli attori regionali Emirati, Qatar, Kuwait, Turchia, Algeria Marocco.  Al netto dell'entusiasmo di Macron, i nodi sono diversi e non facili da sciogliere. Uno di questi riguarda il ruolo di Khalifa Haftar, e la sua legittimazione da generale ribelle' a figura cardine della nuova struttura istituzionale. Nella Costituzione adottata nel luglio del 2017 da una costituente, ma mai ratificata dall'atteso referendum, il tema della doppia cittadinanza di un candidato e della durata della sua residenza in Libia impedirebbero ad Haftar, rifugiato per 20 anni negli Stati Uniti, di candidarsi alla presidenza. Ma, scrive Le Monde riportando l'opposizione dei parte del parlamento di Tobruk a queste norme, l'Eliseo sembra voler insistere sul fatto che un voto presidenziale può avvenire anche prima della convalida della costituzione. Ma, si può ribattere alla superficialità di Parigi, quali sarebbero i poteri di un presidente senza una carta costituzionale che li definisca?

"Attivismo unilaterale di Macron"

L'attivismo di Parigi si nutre di gesti unilaterali, e, afferma a le Monde un diplomatico di stanza a Tunisi, "suscita il nervosismo dei suoi partner occidentali", in particolare proprio per l'insistenza sulle elezioni presidenziali quando tra le cancellerie coinvolte nel dossier (tra cui l'Italia) era emersa una sostanziale convergenza solo sulla necessita' e urgenza di un voto per le politiche. "Costituzione, leggi per le elezioni, sicurezza e salute, cosi' come istruzione e sicurezza vengono prima delle elezioni in Libia. Queste, oggi, sono impossibili", ha spiegato ieri al Mattino e oggi a Repubblica l'ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Perrone. Preoccupa, in poche parole, l'affetto un po' troppo interessato del governo francese per Haftar (rientrato in buone condizioni di salute in Libia dopo un lungo periodo di ricovero in Francia, nei giorni in cui lo si dava in coma profondo): Jean-Yves Le Drian, ministro degli Esteri, lo aveva proclamato partner nella guerra al terrorismo. Sul terreno, quello in cui sono le armi a dettare leegge, le cose non vanno meglio: da Misurata, la citta' portuale della Tripolitania, dove si concentrano le forze piu' ostili al maresciallo Haftar, si sottolinea che non e' stato opportuno l'invito a un comandante ribelle mentre lo stesso Serraj appare come delegittimato nella sua capacita' di controllo del territorio: Haythem Tajouri e Abdel Ghani Al-Kikli (noto anche con il nome di Ghneiwa), capi di due delle tre principali milizie che lo hanno sostenuto finora a Tripoli, sembrano averlo scaricato. La pressione delle milizie è costante: la missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) ha smentito che il proprio quartier generale nella capitale Tripoli sia stato circondato e chiuso da parte di milizie armate. Secondo le emittenti internazionali Sky News e al-Arabiya, le milizie dei "ribelli di Tripoli" e della "Brigata 301" avevano circondato tutte le sedi del governo di accordo nazionale di Tripoli, controllate in precedenza dalla Guardia presidenziale. Il ministero dell'Interno del governo di Serraj ha pero' smentito. Secondo i media locali, i gruppi armati avevano chiuso il quartier generale della missione e impedito allo staff delle Nazioni Unite di entrare negli uffici.

Libia, la posizione dell'Italia

Roma insiste sulla mediazione dell'Onu, affidata a Ghassan Salame', che a sua volta ha rinunciato a tentare di convincere le parti in conflitto nel paese a a modificare l'accordo politico firmato nel 2015 a Skhirat, in Marocco, ribadendo però la necessità di organizzare le elezioni parlamentari e presidenziali entro la fine del 2018. Salame' ha poi criticato la decisione del primo ministro libico Fayez al-Serraj e del suo governo di concedere pieni poteri alla milizia salafita RADA, recentemente criticata da Reporters Sans Frontieres. Secondo il diplomatico, "la continua influenza dei gruppi armati sulla politica e sull'economia è pericolosa e, a meno che non vi si opponga resistenza, rischia di aumentare". Inoltre, il diplomatico ha però confermato il piano dell'UNSMIL di trattare con le milizie libiche. Secondo Salame', questo "non distrarra' i gruppi armati", ma "aiuterà a instaurare un serio processo di pace". Ma tra i protagonisti armati la diplomazia fatica a trovare spazio: in un comunicato congiunto 13 milizie e consigli militari con sede nella Libia occidentale, tra cui alcuni fedeli al Governo di accordo nazionale di Tripoli, l'unico riconosciuto dalla comunita' internazionale, hanno rifiutato di partecipare al vertice di Parigi e a "qualsiasi iniziativa volta a consolidare il dominio militare (in Libia) e che non tiene conto del diritto militare libico e che non promuova uno stato civile o la rotazione pacifica del potere". I firmatari anche espresso la loro disponibilità a ospitare un'iniziativa separata nella Libia occidentale al fine di promuovere "un autentico dialogo volto a soddisfare le aspirazioni di tutta la societa' libica, salvaguardando l'integrita' territoriale della Libia e resistendo alle interferenze straniere".

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