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Affari Europei
Trump: "L'ambasciata Usa sarà trasferita a Gerusalemme"

Gli Stati Uniti riconosceranno Gerusalemme come capitale di Israele. Donald Trump dà seguito agli annunci dei giorni scorsi e comunica al presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen che trasferirà l'ambasciata statunitense da Tel Aviv alla Città santa. Una scelta che suscita preoccupazione e allarme nelle cancellerie di mezzo mondo.

"Lo status di Gerusalemme rappresenta la linea rossa per i musulmani" ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan riferendosi all'imminente decisione americana di spostare l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, evocando una possibile rottura diplomatica con Israele. E la sua non è stata l'unica reazione in questo momento di stallo, in cui Donald Trump continua a rinviare la decisione sulla spinosa questione, cruciale nel conflitto israelo-palestinese. E' di questa notte la telefonata del presidente francese al capo della Casa Bianca. Emmanuel Macron, riferisce in un comunicato l'Eliseo, si è detto "preoccupato" per la possibilità che gli Stati Uniti riconoscano Gerusalemme come capitale di Israele. E ha detto al presidente americano che "la questione dello status di Gerusalemme deve avere una soluzione nell'ambito dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi". Da parte sua, Trump ha telefonato al leader palestinese Abu Mazen, al premier israeliano Benjamin Netanyahu e a re Abdullah di Giordania.

Il segretario generale della Lega araba, Ahmed Abul Gheit, ha giudicato l'evenienza, "pericolosa": "Se dovesse accadere, avrà ripercussioni non solo sulla situazione palestinese ma in tutta la regione araba e islamica". Nel suo intervento alla sessione straordinaria dell'assemblea della Lega araba, Abul Gheit, ha esortato "l'amministrazione statunitense ad astenersi da qualsiasi iniziativa che possa portare a un cambiamento dello status giuridico e politico di Gerusalemme o a pregiudicare eventuali questioni relative a una soluzione finale".

Al coro di voci preoccupate si è unita anche l'Unione europea, che ha avvertito di possibili "gravi ripercussioni". Così l'alto Rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini: "Dall'inizio dell'anno, l'Unione europea ha chiarito le sue aspettative che ci possa essere una riflessione sulle conseguenze che potrebbe avere qualunque decisione o atto unilaterale sullo status di Gerusalemme. Potrebbe avere gravi ripercussioni sull'opinione pubblica in vaste aree del mondo. Il focus dovrebbe perciò restare sugli sforzi per riavviare il processo di pace e sull'evitare qualunque atto che possa minare questi sforzi".

Il ministero degli Esteri saudita ha espresso "preoccupazione" e ha affermato che questa sarebbe "una decisione ingiustificata e una grave violazione del principio di non influenza nei negoziati sul conflitto tra Israele e i palestinesi".

Agli avvertimenti internazionali, soprattutto quelli di Ankara, Israele ha risposto con le parole del portavoce del ministero degli Esteri Emmanuel Nahshon: "Gerusalemme è la capitale del popolo ebraico da tremila anni e la capitale di Israele da 70, senza riguardo se sia riconosciuta o meno da Erdogan". Anche il ministro dei Trasporti Yisrael Katz ha respinto l'intervento del leader turco affermando che "i giorni del sultano e dell'impero ottomano sono finiti".

Le forze di sicurezza israeliane sono in stato di allerta davanti al rischio di una "possibile violenta" rivolta palestinese, principalmente a Gerusalemme. La polizia israeliana, lo Shin Bet e il comando centrale dell'esercito - riferiscono i media israeliani - hanno tenuto in questi giorni numerose riunioni, in cui è stata valutata la situazione per prepararsi a una ondata di violenza e attacchi terroristici

Sia gli ebrei che i palestinesi la rivendicano come capitale. Per i palestinesi Gerusalemme è un luogo di culto, il terzo luogo santo per i musulmani, con la  Spianata delle Moschee nella città Vecchia, da dove il profeta Maometto venne assunto in cielo. Per gli ebrei è il centro spirituale del popolo ebraico fin dal X secolo a.C., quando il sito fu scelto dal re David per essere il luogo del Tempio, l'edificio più sacro per il giudaismo.

Con lo spostamento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, gli Stati Uniti riconoscerebbero di fatto la capitale contesa, mai riconosciuta dalla comunità internazionale, come capitale dello stato di Israele. Donald Trump lo aveva annunciato in campagna elettorale e poi confermato il 15 dicembre dello scorso anno, con la nomina del nuovo ambasciatore americano a Tel Aviv: David Friedman, diplomatico che si è sempre contraddistinto  proprio per le sue posizioni a favore di Gerusalemme capitale. Nel giorno della sua nomina il vice ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Hotovelydel dichiarò: "La scelta di Friedman è una buona notizia per Israele. Le sue posizioni riflettono la volontà di rafforzare lo status di Gerusalemme come capitale e la considerazione del fatto che le colonie non sono mai state davvero un problema nella regione".

Nel 1995, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il "Jerusalem Embassy Act", la legge sull'ambasciata di Gerusalemme che invita il Paese a trasferire la sua sede diplomatica nella città santa. L'atto è vincolante ma prevede una clausola in base alla quale i presidenti americani possono rinviare l'attuazione della legge ogni sei mesi in ragione di superiori "interessi di sicurezza nazionale". Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama hanno firmato questa deroga, con regolarità, ogni sei mesi. Anche lo stesso Trump, il primo giugno scorso, ha seguito l'esempio dei suoi predecessori, contravvenendo alle promesse fatte in campagna elettorale.

La Casa Bianca ha confermato che la decisione di Trump sarà annunciata "nei prossimi giorni".

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