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L'avvocato del cuore
Da separata a divorziata con un vip. "Posso mantenere il cognome?"

“Gentile Avvocato, io e mio marito ci siamo separati qualche anno fa. Abbiamo deciso di iniziare le pratiche per il divorzio. Al di là degli aspetti economici sui quali siamo abbastanza d’accordo, il mio desiderio sarebbe quello di conservare il suo cognome, essendo un personaggio pubblico. Utilizzo da anni il mio “nuovo” nome in termini di pubblicità, mostre, pubblicazioni, grazie al quale, oggi, sono diventata una professionista rinomata nel mio  settore. Sarebbe possibile?”

Cara lettrice,

essendo prossima al divorzio, deve sapere che con lo scioglimento definitivo del vincolo coniugale, i coniugi riacquistano lo “status libero”. Di conseguenza - secondo la regola generale

- la moglie non può più utilizzare il cognome dell’ex marito, dovendo tornare a firmare con il proprio cognome di nascita.

Sono molte, però, le donne che, come Lei, vorrebbero mantenere il cognome del marito anche dopo il divorzio. Solitamente perché ha permesso loro di entrare in ambienti esclusivi e selezionati e potrebbe continuare a essere un ottimo biglietto da visita anche dopo aver definitivamente tolto la fede dal dito. Così è stato per Ivana Zelníčková, che continua a essere la signora Trump anche dopo il divorzio dall’ormai ex Presidente USA. Celebre la battuta che nel film “Il club delle prime mogli” rivolge alle tre protagoniste, fresche di divorzio da uomini facoltosi: “non prendetevela, prendetevi tutto”. Cognome incluso.

In Italia la possibilità di mantenere il cognome ottenuto con le nozze è un’ipotesi straordinaria, ma consentita dall’art. 5, comma 3, della legge n. 898/1979. Secondo questa eccezione alla regola generale, la donna può conservare il cognome del marito quando sussista un interesse  suo o dei figli meritevole di tutela. Interesse che viene valutato in maniera discrezionale dal giudice del divorzio. Il semplice desiderio di conservare il cognome del marito per mantenere benefici sociali o l’apprezzamento della collettività per essere stata sposata con una determinata persona, non viene solitamente considerato motivo sufficiente per derogare alla regola generale. La stessa Corte di Cassazione, in una recente pronuncia, ha precisato che la semplice notorietà e fama del marito non garantisce alla moglie il mantenimento del cognome. Questo perché il giudice del divorzio è sempre tenuto a bilanciare questa richiesta con l’eventuale pregiudizio che il marito potrebbe subire qualora, per esempio, intendesse ricreare un nuovo nucleo familiare.

Diversa è la situazione quando al cognome del marito sia indissolubilmente legata l’attività lavorativa della moglie. Proprio come nel Suo caso, cara lettrice, ci sono donne che hanno costruito una rinomata carriera professionale nel corso del matrimonio, e per le quali la perdita del cognome dell’uomo che hanno sposato (per il quale sono conosciute e del quale hanno magari accresciuto anche la notorietà), ne comprometterebbe l’attività. In casi come il Suo, il giudice potrebbe quindi considerare la Sua richiesta come “meritevole di tutela” e concederLe la conservazione del cognome del Suo futuro ex marito.

Del resto il giudice, così come non può non considerare l’eventuale pregiudizio del marito, non può nemmeno trascurare l’eventuale contributo che il lavoro o semplicemente il carisma della moglie ha conferito al cognome di famiglia. Caso forse unico in questo senso, è quello della

 

Contessa Marta Marzotto, che dopo il divorzio non è retrocessa al cognome da nubile, ma che ha dato più di quanto abbia ricevuto dal cognome che ha portato. Marzotto è stata lei, come e più di ogni altro titolare per nascita di quel cognome. Una donna che con la sua prorompente vitalità ha distribuito ai più fragili ciò che ha conquistato ai più forti. E il mio augurio, cara lettrice, è che anche per Lei e per il cognome che non intende perdere, possa essere stato così.

* Studio legale Bernardini de Pace

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