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Il buono, il brutto e il cattivo
Dai social alla politica alla cultura: l'odio ha ottenebrato le nostre menti

Monta nell’indifferenza, si gonfia, come un borbottio impercettibile che diventa in poco tempo l’ululato di un uragano, e pervade senza trovare barriere ogni interstizio della società, o di quello che un tempo era la società. L’odio è tante cose, è troppe cose che facciamo finta di sottovalutare, e naturalmente neghiamo. Chi noi?, chi io? ma scherzi?, io sono una persona pacifica. In fondo non siamo stati forgiati col motto di “italiani brava gente”. 

Non è così, non è più così, quel nero diffuso che ottenebra le menti anche più libere e splendenti ci ha cambiati (in toto o in parte), non riesce più a farci  vedere le emozioni vere, i sentimenti più sinceri, puri, perché tutto è calcolo, tutto è interesse personale a scapito di chiunque altro.

Chiudete quella porta e che i rumori della guerriglia non disturbino i nostri sonni ipocriti, e soprattutto i nostri programmi televisivi preferiti. Nessuno confessa, nessuno ammette ma l’odio è qui dentro e fuori di noi, è l’aria ci soffia intorno, il vicino che ha avuto successo, l’amico fortunato o quel coglione che è diventato direttore generale al posto nostro, che ne avevamo tutto il diritto.

L’odio è l’altro, quello che non vogliamo capire, la parte buia della nostra coscienza residuale, è il male che alligna in ogni essere mite, come in Dogman, dove Garrone però è riuscito a trasformare l’orrore in un’ode all’amore. Perchè questo nostro odiare ormai non ci fa rassegnare alle trasformazioni, ai cambiamenti dei costumi, alle nuove e vecchie fragilità del mondo.

Odiamo perché abbiamo paura di tutto: della ricchezza, della povertà, della bellezza, della bruttezza, della fama, dello straniero, della religione, della fortuna che non aiuta gli audaci ma è solo frutto di qualche nascosta raccomandazione di qualche politico, categoria odiata nella sua globalità. Non siamo più in grado di comprendere sia per il poco tempo che ci è rimasto sia perché è più facile odiare che amare, è più semplice insultare che capire, oggi più di ieri non serve sparare, o almeno non solo, ma è importante far capire il proprio generico disprezzo per tutti, per ogni manifestazione umana al di fuori dei nostri totem auto costruiti: i nostri account. 

Frustrazioni? Nuove impreviste povertà? Fragilità psicologiche che portano alla coltellata facile e Pasolini ha continuato invano a cercare di educarci al senso diffuso della sconfitta: per ogni Cristiano Ronaldo esistono eserciti di vinti, odiatori in pectore capaci di trasformare una partita di calcio in una battaglia finale, dove tutti alla fine condividono una sconfitta concreta o semplicemente morale, ma chi ha vinto davvero non ce lo ricordiamo perché in fondo non ci interessa il risultato, ma solo la rissa.

L’odio ha cambiato la politica, la cultura e la dialettica sociale, senza fare eccessiva fatica perché ha giocato sui sentimenti più animaleschi che da troppo tempo, tempo senza guerre, avevano bisogno di sfogarsi, contro la moglie, contro i figli, il capoufficio o i compagni di campus.

La rete è il nutrimento che rende invisibili dopo il reato, piccolo o grande che sia, protegge la rabbia cieca che porta ad uno scontro, per fortuna virtuale, ma che troppi danni ha creato nella realtà. Ora questa atmosfera quasi lugubre contrasta con l’apparente allegria della grande vacanza italiana (ma è un atteggiamento planetario, come vuole la atropo-globalizzazione), il sole, il mare, sembra che i soldi siano stati trovati anche per quest’anno. Si ride, si beve, si abbandonano i cani sull’autostrada e si uccide, niente di nuovo sotto il cielo azzurro. Caronte è arrivato, il governo vigila sul mar Mediterraneo, le opposizioni si preparano alla controffensiva e la maturità è andata abbastanza bene, diciamo quasi un vecchio sei pieno.

Ma ad ascoltare con attenzione tra le risate monta una rassegnazione che non promette nulla di buono, dove chiunque può essere trasformato e in un istante, nel nemico da abbattere, con la calunnia o con la Beretta 22, poco importa. Vi ricordate ”calunniate, calunniate, qualcosa resterà”.

Non ci piace questa tensione perché ha cause che non ci ricordiamo più e quindi è più pericolosa perché può portarci in quei territori oscuri dove troppe persone ormai sguazzano con l’apparente serenità che precede la tempesta perfetta. Come se nell’odio, ognuno di noi, trovasse la pace primordiale della propria identità, svegliamoci da questo sonno della ragione, ogni incubo, anche il più terrificante finisce col ritorno alla realtà, con la luce del giorno, con l’inizio di una nuova giornata.

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