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Il buono, il brutto e il cattivo
Desiree, vuota retorica contro la barbarie: Fico scorda le soluzioni concrete
Foto LaPresse

La piacevole posizione poetica di Fico. Le Istituzioni possono essere gentili di fronte alla barbarie? Amore, Perdono, comprensione o repressione? Belle e significative sono le esternazioni cui il Presidente Fico ormai ci ha abituato.

Non passa giorno che su qualsiasi catastrofe, ci arrivino affermazioni filosofiche, se non addirittura poetiche.

Se crolla un ponte dobbiamo trovare il senso di Comunità che fu di Adriano Olivetti, dove l’operaio veniva invitato ad amare la catena di montaggio, e ad ogni fine turno gli veniva consegnato un saggio di Horkheimer, per la sua crescita intellettuale.

Se affondano i barconi stipati di migranti, dobbiamo dialogare con i trafficanti sul significato di Mediterraneo come Mare mentale, come interiorità condivisa della civiltà europea.

E sarebbe bello poter risolvere sempre con un dibattito sociologico, estetico e antropologico ogni barbarie, ogni scempio cui la nostra contemporaneità ci ha abituati ed in attesa del cannibalismo diffuso, il nostro Fico ha raggiunto l’apice della sua riflessione politica affermando che con “l’amore si risolvono i problemi dell’integrazione sociale e migratoria”.

Di fronte a tanta tenerezza anche Alessandra Mussolini diventerebbe affettuosa e dolce, e in un agone simile ai film di Benicio del Toro sul narcotraffico messicano, l’uscita alla Peynet ci sconvolge ma, diciamolo chiaramente chi non vorrebbe una società a tinte pastello come anela il Nostro Apostolo?

Bisogna stare attenti a non uccidere i sogni, bisogna lasciare una piccola speranza affinché il nostro paese trovi una strada diversa per dialogare su questo o su tutti gli altri temi, perché la carneficina sociale, culturale ed emotiva ci rende insensibili al sangue: reale o metaforico.

Il Presidente ha tentato la carta dell’utopia più alta, ha immaginato dialettiche dove parlano solo le armi automatiche, ha chiesto ai leoni di diventare mansueti, più che un discorso politico assomiglia ad una parabola di un santo (la faccia pasoliniana ce l’ha) che si rivolge ai fedeli scettici e troppo incazzati per credere alla Buona Novella.

Ma non dobbiamo deridere il messaggio apostolico, se possiamo smontarlo col ragionamento elementare, con poche affermazioni fredde e razionali, con la lucida analisi che ci conferma l’impossibilità di discutere con questo universo parallelo, grigio e sconosciuto, dove la valutazione del valore della vita è prossimo allo zero.

Caro Presidente, se noi siamo la Parte Pensante rispetto all’attività belluina espressa a Roma e in tante altre città, possiamo anche assumerci le colpe, i nostri immutati sensi di colpa coloniali, che certamente abbiamo, ma non possiamo scontarle per l’eternità.

Lei è convinto che  a San Lorenzo o in via Zama a Milano ci sia spazio per una forma minima di dialettica, eppure siamo prossimi ad un’involuzione incontrollata della specie, una deriva che si autosostiene nell’unica affermazione che possiede, e cioè la prevaricazione, il delitto, la totale indifferenza al fragilissimo uomo bianco, tutto testa e pochi muscoli, dunque preda facile, e poi se lo merita per quello che ha combinato nei secoli.

Chi può credere che ci sia spazio per l’amore, se non nel pensiero poetico, tra la mafia nigeriana, o dentro centinaia di pseudo-mondi abbandonati tra capannoni marci e spaventosi, dove esiste un altro modo di vivere, che nessuno di noi conosce fondo in fondo, che nessuno di noi vuole conoscere fino in fondo, allora dipingiamolo col romanticismo di cui l’occidente è campione, nell’arte, nella musica, nel cinema, trasformiamolo in letteratura.

Tanto Presidente Fico al cinema e nei romanzi nessuno si fa male sul serio, e allora viva l’amore in tutte le sue forme e viva la politica se ha ancora voglia di sognare, ma che il prossimo risveglio ci porti le soluzioni concrete per risolvere l’orrore della nostra quotidianità.

Quella vera. 

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