Di Maio alza il velo sull'editoria compromessa. Giornaloni in crisi d'identità
Le pallide immagini che scorrono sui teleschermi e le algide analisi che scemano sui Corrieroni fanno ingiallire la storia gloriosa del giornalismo italiano
Il fantasma della libertà (di stampa). Cronache dell’inarrestabile decadenza dei giornalistoni di stato, di tivvù, senza audience e senza idee. Non sparerò nel mucchio, perchè è troppo facile abbattere obiettivi così traballanti, non generalizzerò perché quasi tutti sono coinvolti e complici di questa decadenza dovuta al narcisismo patologico diffuso, all’assenza palese di un'idea anche piccola piccola, al delirio di onnipotenza mediatica ed economica.
Le pallide immagini che scorrono sui teleschermi e le algide analisi che scemano nelle pagine dei Corrieroni, intristiscono e fanno ingiallire la storia gloriosa del giornalismo italiano, morto per assenza di logica, per una crisi irreversibile di identità che consente a EGDL di diventare virale sui social per un editoriale scialbo, prevedibile e innocuo.
La prematura scomparsa del “pungolo intellettuale”, dell’auto-ironia e se mi permettete del coraggio analitico, rende tutto vischioso, in bilico, un piano inclinato destinato al prossimo oblio, ma comodo, remunerativo e fino ad oggi immarcescibile. Non ci mancheranno i semi-opinionisti gruberiani, ospiti senza sorprese che non sanno neppure perché si continui a dare loro credito, e vorrei che ci rispondesse il filosofo Zoro, ormai pronto per il salto di qualità sul prime time talk show, con la sua scolaresca.
L’imbecillità, la noia sonora e letteraria non sono di destra o di sinistra, ma solo del plotoncino dei miracolati soprattutto della sfavillante Lasette, che ha costruito un inesistente lignaggio nobile, a chi ha sempre spazzato le cantine, allineato e servile, mai pericoloso, sempre pronto a venire in soccorso del mutabile vincitore. Paladini autoreferenziali di un linguaggio morto che sostiene idee finite da decenni, sepolte dalla storia ma soprattutto dalla logica, che non riescono a nuotare in mare aperto ma solo nell’acquario di tizio Cairo e sempronio, incazzati per la ggente che non capisce, perché il popolo fa schifo, ed è tutto un crescendo di nazi-fascismo.
Una risata li seppellirà, bolsi sessantottini, o settantasettini garantiti, coccolati e riempiti di palanche senza un’apparente ragione, che ormai si sostengono a vicenda con le mani sul tavolo, uniti in una infinita seduta spiritica per evocare Enrico, la Cigielle, le prime Brigate rosse, quelle politiche, uno spasso che neppure la commedia all’italiana. E ci voleva il giovane Di Maio per raccontare la verità, che il “giro è blindato”, niente di illegale ma controllati, controllori, opinionisti e finanziatori hanno la stessa faccia, e la stessa tessera di partito, quindi è più facile auto incensarsi, creare idoli, maestri del pensiero, grandi firme.
Niente di male, ma ora basta, nella stanza buia e vintage di via Solferino o sulla terrazza al Gianicolo, qualcuno comincia a sudare fuori stagione, perché le colte elucubrazioni sul “passato che mai torna”, non fanno breccia tra gli incolti della subburra indifferenziata che è diventata questa italietta, stupida e che si permette di chiedere spiegazioni, vuole sapere, addirittura pretende di criticare la Cultura.
A sinistra è rimasto il siparietto da Casa Vianello tra Bianca Berlinguer e Mauro Corona, uno strazio inascoltabile su raitre, e il consenso si inabissa, mentre molti cominciano a sospettare che anche i gorilla al governo qualcosa di nuovo per l’informazione possono farla: dare spazio al talento, alle idee, all’innovazione, al rispetto per tutte le posizioni e dimenticare la retorica bersaniana. Programma di minima ma, nella dittatura postbellica, nel post ’48, rappresenterebbe la prima grande rivoluzione della contemporaneità, restiamo sintonizzati.
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