La parabola di Roberto Formigoni. Il Celeste e la caduta degli dei
Il Celeste e l'anomalia italiana. Interrogarsi sulla caduta degli dei
Sembra passato un secolo da quando il Celeste come lo chiamavano forse per burla ma, c’era molto di vero, si faceva fotografare davanti alle vetrate del suo palazzo principesco con giacche improbabili e sguardo fiero, oggi la parabola dell’uomo che voleva diventare Berlusconi è alle battute finali.
Non è elegante commentare le disgrazie umane, prima che giudiziarie anche degli uomini più potenti, quelli che hanno attraversato il cupo territorio lombardo negli ultimi trenta anni ma Formigoni è la parabola di un potere finanziario-clericale che scompare, un Re che esce di scena, e assomiglia ai titoli di coda di un’intera stagione ormai lontana nel tempo.
A settantadue anni, portati egregiamente, l’ex-Presidentissimo saluta mestamente i fasti di un’epoca che sembrava essere inarrestabile, infinita, per successi politici e per la capacità di costruire un Sistema Lombardo che, a parte le derive giudiziarie, rappresentava e rappresenta un modello per la sanità e non solo nazionale.
Ora è tempo di guardare oltre e molto oltre per interrogarsi, se ne avremo voglia sull’ennesima anomalia italiana: per produrre qualità, sviluppo e occupazione è necessario tutto questo? Non ci sono vittime o carnefici perché a quella corte molti, troppi sono cresciuti, e hanno tratto benefici politici e professionali solo dalla frequentazione adorante del Signore.
Quei tanti o troppi che oggi faranno finta di nulla, come spesso accade davanti all’esecuzione dell’ennesimo Capo che ora nella solitudine della sconfitta politica e umana ci pare solo e fragile, solo l’ombra sbiadita di quello che per decenni aveva cercato di essere e di farci credere.
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