Calcio violento: the show must go on, siamo tutti nel pallone
Non c’è morto che tenga, non c’è delitto che smuova. Bando alla chiacchiere e alle finte giaculatorie, the show must go on, siamo tutti nel pallone
Non date retta al fiume di parole piccate, analisi sdegnate, ricette miracolose e proposte salvifiche alla cosiddetta “emergenza calcio”. Scenette già viste, da “dove andremo a finire, signora mia”, e da “dovrebbe essere uno sport per famiglie” a “fuori questi animali dagli stadi”. Luoghi comuni e litanie stanche per editorialisti e opinionisti da talk show, a corto di argomenti e in vena di diversificazioni rispetto alla politica tradizionale.
Da anni, ormai, puntuali, all’indomani di questa o quella tragedia, alti lai e stupori queruli, ma fino alla partita successiva, che cancella tutto. Palla al centro e si ricomincia. Scompaiono così ogni volta d’incanto lo sdegno e il lutto e i propositi palingenetici. E le ipocrisie di chi sa che sono le società a coccolarsi i propri hooligan con le mazze, le asce e i pugnali. Tornano le lotte e le botte, si riempiono tribune d’onore, curve e gradinate e gli arbitri fischiano inebetiti l’inizio del rito collettivo più popolare e antico, una volta domenicale, oggi quotidiano e a tutte l’ore del giorno.
Il calcio non si fermerà mai, sapevamolo. Troppi interessi di club, diritti tv, sponsor, scommettitori, mediatori, merchandiser, editori e giornalisti, riciclatori e affaristi di vario genere. Non c’è morto che tenga, non c’è’ delitto che smuova. Bando alla chiacchiere e alle finte giaculatorie, the show must go on, siamo tutti nel pallone.
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