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Decreto Salvini, si chiama Mattarella, non mattarello
Foto LaPresse

Adesso il mantra di rosiconi e vedovi dell’Antico Regime è l’incombente “severo esame” del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il quale si accingerebbe a “valutare scrupolosamente” il decreto Salvini sulla sicurezza.
E, si preannuncia, velatamente, saranno ca...voli amari...

Traduzione politically incorrect: caro Salvini hai poco da festeggiare, ora il Colle con i suoi giuristi leggerà il tuo decreto, lo giudicherà incostituzionale e  te lo mettera in quel  posto, fascista di m... (grosso modo così nelle conversazioni private).

Provvedimento molto invocato e atteso dagli italiani, su un tema  - la sicurezza e l’immigrazione clandestina - che infatti fa veleggiare Salvini oltre il 30 per cento e porta il governo Conte a livelli di consenso senza precedenti nel dopoguerra, il decreto non piace all’establishment catto-comunista garantista e peloso appena deposto, che ha tra le sue gravi responsabilità gestionali dei decenni trascorsi quello di aver ridotto l’Italia al campo profughi d’Europa. E allora sotto con la giacchetta di Mattarella, tirata di qua e di là da quirinalisti da velina  e azzeccagarbugli da talk show.
A costoro non interessa porre un freno all’anarchia e agli abusi quotidiani che ci consegnano le cronache e che hanno esasperato l’opinione pubblica spostandola su posizioni dure e perfino talora forcaiole.

A costoro, clero politico sottogovernativo, interessa semplicemente fottere il governo del Cambiamento, giudicato rozzo e puzzone e tornare ai fasti dei governi tecnici antidemocratici e di Palazzo (che cosa sennò al posto di Conte? Ricordate l’autorevole Cottarelli, la carta segreta del Quirinale poi ritirato per decenza, poiché avrebbe riscosso zero voti in Parlamento a fronte del 50 per cento di Lega e Cinquestelle insieme).

E ogni occasione è buona per inventare quotidianamente vincoli e paletti, spifferare inesistenti gelosie e divisioni, zufolare furbizie e aumma aumma inventati, lamentare ritardi anche quando non ci sono. 

Ma anche stavolta gli è andata male, ai vedovi rosiconi. Il decreto Salvini c’è, fatevene una ragione. Come c’è il governo Conte. Che sta portando avanti, pur tra difficoltà oggettive (si può governare un Paese come l’Italia?) e qualche inevitabile inesperienza, il contratto pattuito.

Lascino in pace Mattarella, i cui compiti - si fa sapere dal Colle - non sono politici e sono limitati alla verifica di costituzionalità delle leggi.
E una prima verifica preventiva c’è già stata, con qualche limatura.

Il presidente si chiama Mattarella, non Mattarello, l’arnese da cucina  per stendere la pasta usato anche per manganellare i bimbi cattivi.
E non può il compassato presidente siculo tornare militante del Pd - come si vorrebbe - e diventare il leader dell’opposizione che non c’è. Sarebbe, questo sì, un grave sfregio costituzionale. Da valutare scrupolosamente.

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