Caso Fazio, il problema è che il conduttore non è giornalista
Quanti pregiudizi. Salvini almeno ci risparmia l’espressione “radical chic”
La prima rete di Stato sopprime tre puntate di “Che fuori che tempo fa” di Fabio Fazio, una scelta che sembrerebbe di palinsesto, per lasciare spazio all’approfondimento elettorale in vista delle elezioni europee del 26 maggio. Nicola Zingaretti dice che viene negata la libertà di espressione, Luigi Di Maio che ci sono argomenti più importanti, Matteo Salvini che lo infastidisce che ci sia qualcuno pagato dagli italiani, tra i tre e i quattro milioni di euro, che faccia una trasmissione politica, tuttavia “più mi attacca col Rolex al polso, più gli italiani capiscono”.
La premessa è che la censura è sempre condannabile. Anche in questo caso, no al reato di opinione. Sì alla libertà di espressione. Sempre, anche per i militanti di CasaPound (se non commettono reati).
Se è vero che il libero mercato dei compensi è sacrosanto, lo è altrettanto che Fazio guarda a sinistra ed è pagato dai contribuenti, quindi anche dall’operaio che guadagna 1.200 euro. Ed esistono fattori quali la questione della redistribuzione della ricchezza, il senso delle proporzioni e il tatto. E del resto ci sono persone molto qualificate professionalmente che potevano arricchirsi, ma non l’hanno fatto per via di una visione cristiano/francescana dell’esistenza (Cristo era povero).
Il problema è che tra i contribuenti che pagano il milionario stipendio di Fazio, molti non ne condividono le idee. Detto diverso, il nodo forse è che il conduttore non è un giornalista. O meglio, per completezza, lo era, ma poi si è cancellato dall’Albo. Il giornalista è il professionista dell’informazione, come il medico lo è della medicina e l’ insegnante dell’insegnamento. Clamoroso il caso del presidente francese Emmanuel Macron. Che cosa fa un capo di Stato o di Governo che decide di rilasciare un’intervista in esclusiva a un giornale straniero? Si propone a uno dei principali quotidiani cartacei, a una delle primarie testate giornalistiche online, a una delle maggiori reti televisive facendosi intervistare da un autorevole giornalista, magari dal direttore. Macron, come numerosi politici di casa nostra, ha invece concesso l’intervista a Fazio.
Quanto al modo di schierarsi politicamente di quest’ultimo, sembra preoccupante - ma meno di quanto lo sia la censura - non tanto per le idee, ma perché sclerotizza le convinzioni, che poi spesso sono pregiudizi - non meno di quelli degli oppositori di destra - dei suoi telespettatori. In questo senso, in direzione del superamento del pregiudizio, un passo in avanti lo fa Salvini, che cita il Rolex - tuttavia i soldi non fanno né cultura né rango - ma almeno ci risparmia l’espressione “radical chic”, come contrariamente accadde di recente nel caso della polemica con la scrittrice Michela Murgia.
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