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Lo sguardo libero
Da Baglioni a Grillo, tutto è relativo, ma quanta mistificazione

Tutto è relativo… con l’eccezione del sapere e della scienza, per cui ben venga la notizia che Beppe Grillo – confermando che si può ed è onorevole cambiare idea - si riveli a favore dei vaccini firmando il manifesto per la difesa della scienza del professor Roberto Burioni.

Ma fin  dove può arrivare questa relatività per quanto riguarda la politica, il costume, la società in genere? Claudio Baglioni, introducendo il Festival di San Remo, ha criticato l'approccio sull'immigrazione del Governo, suscitando la reazione del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha risposto: “Canta che ti passa. Lasci che a occuparsi di questi temi sia chi ha il diritto e il dovere di farlo”.

Dall’altra parte anche Salvini aveva stigmatizzato i risultati della squadra di calcio del Milan determinando la reazione del tecnico Rino Gattuso: “Si occupi dei problemi del Paese”.

Andando per ordine, è normale che tutti possano parlare di calcio visto che, come si dice, in Italia ci sono 60 milioni di allenatori (… come, del resto, di giornalisti). Gli ambiti sembrerebbero due. Uno è quello del ruolo, del curriculum vitae, che è anche stabilito dalla legge (un medico non è tale se non è laureato). L’altro è quello della responsabilità, della consapevolezza. Affermare una cosa al bar o in ufficio è un conto, altro in televisione. I due cerchi si sovrappongono, pericolosamente oggi nell’epoca della tv e di Internet. Il problema è che sembra  avere più responsabilità chi  ha maggiori competenze e trova meno spazio mediatico rispetto a coloro che finiscono in televisione.

Detto concretamente, la televisione, per quanto riguarda lo spettacolo, sembra  in gran parte  fatta da personaggi che al massimo hanno preso il diploma di scuola secondaria superiore (il liceo è quasi un miraggio, il classico quasi impossibile), con famiglie normalissime alle spalle il che quindi per così dire rende difficile il “salto mortale” (ma si ricordi che, per esempio, i reali inglesi sono tutti “rigorosamente” laureati nonostante l’ambiente favorevole).

In tutto questo non c’è niente di male. Il peggio però, dal momento che al peggio non c’è mai fine, è la diffusa tentazione/deriva massima, propria dei cantanti (si pensi a Bono), degli uomini di spettacolo e in embrione anche dei calciatori: quella di essere/diventare guru, di poter parlare di cultura (purtroppo ci si sono coloro che scrivono il libri per gli altri, quando Alessandro Manzoni dice che “la scrittura è una questione morale”, ossia, si può aggiungere, che chi firma un libro non scritto da lui è paragonabile a un ladro), ma anche di pace, di giustizia, di politica… insomma salvatori del mondo. Tutto sommato, ragionando e mettendo insieme questi elementi, parrebbe che tali pseudo-guru non dovrebbero così condizionare parte della pubblica opinione (la ragione del loro agire è molto probabilmente la propria sopravvivenza mediatica ossia il denaro).

Parallelamente, c’è il tema delle trasmissioni televisive di approfondimento/giornalistiche. Per legge gli esperti di informazione sono i giornalisti. Che dire di personaggi dello spettacolo come Fabio Fazio e Barbara D’Urso che intervistano anche i politici?

In tutta questa riflessione, per completezza, non vanno esclusi i parlamentari, che dovrebbero essere il culmine della società per cultura e intelletto tra cui – a differenza che nel passato, certo non si può tornare alla democrazia per censo – molti non sono  laureati. Certo tutto è relativo, però…

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