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Lo sguardo libero
Guerra monetaria Cina-Usa, l’innaturale libero mercato di Stato di Pechino

Da vero duro manager a stelle e strisce, che reagisce come si deve nei confronti di chi lo maltratta, il presidente Donald Trump continua la guerra dei dazi contro il mondo e la Cina.  Quest’ultima, a cui, dopo le importazioni agricole made in Usa, non rimane  altro su cui porre  tasse,  svaluta la sua moneta a sette yuan per dollaro, soglia, a parere di Washington, da manipolatore di valuta. E’ guerra monetaria, che ha fatto perdere tutte le Borse. Con segno meno: Tokyo, Hong Kong, Milano, Parigi, Londra, Francoforte, Wall Street.

Al di là dell’isolazionismo degli Usa di Trump (“America first and only America first”, e del resto è quanto il presidente prometteva in campagna elettorale), ossia dell’egocentrismo della più grande economia del mondo (il primo della classe può essere generoso o no… ma rimetterci sempre è stupido…), questa vicenda svela l’anomalia di un’economia di mercato in una dittatura comunista. Difformità insostenibile a lungo, come dimostra questo episodio. Infatti, per alcuni analisti, con una siffatta svalutazione, lo yuan rischia di perdere investitori e diventare valuta auto-reverenziale, non più riferimento internazionale finanziario, come lo sono il dollaro, l’euro o lo yen nipponico.

Il presidente cinese Xi Jinping assomma la carica di capo dello Stato, del partito unico comunista, dell’esercito, incarichi che potrà mantenere a tempo indeterminato; un Paese in cui Internet è controllato, non c’è libertà di espressione, d’opinione e di stampa; Tibet (buddisti) e Xinjiang (uiguri musulmani) sono oggetto di repressione e genocidio culturale.

La scelta del libero mercato di Stato sembra innaturale; il liberismo è elemento basilare della democrazia liberale. Il regime cinese compensa con la ricchezza i cittadini (che non scappano più all’estero perché sanno che è più facile diventare benestanti in patria) e ha come fine alimentare la propria sopravvivenza: di qui la colonizzazione economica dell’Africa e iniziative come "La Nuova Via della Seta", cui ha aderito, con rammarico da parte di tanti democratici, unica, nel senso negativo, tra le grandi democrazie occidentali, l’Italia.

E non pare casuale la lotta che in queste settimane stanno portando avanti i cittadini di Hong Kong e in particolare i giovani che protestano contro la legge sull’estradizione in Cina, ma in generale per la democrazia: come pensare che una città libera fino al 1997 rinunci al bene più grande: la democrazia appunto.

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