I punti della possibile alleanza tra 5 Stelle e Pd
Alquanta parte del dna politico delle due organizzazioni è comparabile
Più l’alleanza tra 5 Stelle e Pd sembra maggiormente naturale di quella tra pentastellati e Lega - a causa dell’ alquanta parte equiparabile del dna ideale e politico delle due organizzazioni - tanto i loro vertici non ne sembrano consapevoli. La prova? Il perdersi nei dettagli… come se due pensieri e visioni affini debbano essere congruenti del tutto.
Matteo Renzi in un’intervista al quotidiano La Sicilia afferma che se ne andrebbe dal partito: “Come posso coalizzarmi con chi dice che siamo il partito dell’elettroshock e che ruba i bambini alle famiglie”. Un po’ meno nel dettaglio la giustificazione di Luigi Di Maio al giornale La Gazzetta del Mezzogiorno (e chissà che non sia una premonizione, voluta o meno non cambia, che si tratta di due testate del Sud): “Come potrei – sostiene Di Maio - con un partito che si ribella al reddito di cittadinanza e si sta opponendo al salario minimo”. Dice molto di più, quasi non dicendo, Nicola Zingaretti: “Dobbiamo trovare una nuova alleanza di centrosinistra”.
Al di là della propaganda (sventolare la paura del comunismo è come sparare sulla croce rossa), ci può sicuramente essere sintonia sugli aspetti delle libertà delle persone, su una certa visione liberista dell’economia e forse sulla volontà di trovare nuove soluzioni nella lotta all’ immigrazione clandestina (cavallo di battaglia di Salvini). Convergenza anche sul centralismo dello Stato e contro il federalismo in senso lato, nella fattispecie l’autonomia – contrarietà errata per chi scrive (peccato, perché questi argomenti possono attrarre gli elettori di Salvini). Una prateria il tema della riforma elettorale e della organizzazione dello Stato, che si può scrivere da zero e può quindi essere perno di siffatto accordo.
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