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Lo sguardo libero
Il problema è Putin, si scommetta sul popolo russo e gli oligarchi outsider
Vladimir Putin, 69 anni. Guida dal 1999 la Russia, o da capo del Governo o quale presidente della Federazione

In Russia non c’è entusiasmo. Tutte le classi sociali sono preoccupate e vedono in Putin un terrificante esempio di come il potere possa dare alla testa

Adesso che Vladimir Putin si è preso la responsabilità di annunciare e dare il via alle operazioni militari in Ucraina, accendendo un conflitto che farà migliaia di morti e potrebbe diventare globale e sta gettando il mondo in un’altra spaventosa crisi economica, con i listini delle Borse in calo e il prezzo dell’energia che schizzerà ulteriormente in alto, sembra evidente che il problema sia lo stesso Putin.

Questi ha fatto tantissimo. A lui Eltsin affidò i destini della Russia dopo la fine dell’URSS. L’amore di entrambi per la “grande madre” è indiscutibile. È lo stesso per moltissimi. La Russia è una nazione straordinaria, tramite cui sono stati mandati nel mondo scrittori, musicisti, artisti e soprattutto un popolo meravigliosi. Putin era sincero quando nei suoi venti anni di leadership ha incontrato i capi di Stato e di Governo del pianeta, da Obama alla Merkel a Berlusconi. Era autorevole e ascoltato. Tuttavia, il potere dà alla testa se non ha limiti.

Dal 1999 a oggi, o da capo di Governo o quale presidente della Federazione russa, Putin è ininterrottamente al comando di un Paese con un sistema politico autocratico. La democrazia sa bene quanto sia fondamentale impossibilitare simili derive. Per questo il mandato del presidente della Repubblica italiana è di sette anni (è implicitamente ammessa la deroga in casi eccezionali) e quello dei presidenti Usa può essere rinnovato consecutivamente solo una volta (quattro più quattro anni). Anche in Cina, dove il leader - attualmente Xi Jinping - è al contempo capo dello Stato, del partito e dell’esercito, vigono un establishment e interessi di potere molto solidi che impediscono conseguenze personalistiche.

Già Putin, come la quasi assoluta maggioranza degli autocrati e dittatori (l’eccezione potrebbe essere ancora una volta la Cina?), faceva vita da zar (fonti autorevoli parlano di un patrimonio personale di 200 miliardi di dollari). Il discorso dell’altro giorno sulle ragioni del riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass è stata una lezione di storia distorta, dalla citazione di Lenin, all’”Ucraina serva dell’Occidente ai gruppi neonazisti presenti oltreconfine”. Putin è sempre più solo e isolato (i generali e i vertici militari che lo circondano in tv sono una sorta di tappezzeria). Il Covid ha peggiorato la situazione. Chiunque voglia parlargli deve stare in quarantena due settimane.

In Russia non c’è l’entusiasmo nazionalista che salutò l’occupazione della Crimea nel 2014. Nei quartieri residenziali di Mosca, la gente corre in banca a cambiare rubli in euro e dollari. Nelle zone popolari, la gente, già povera, sa che lo sarà sempre più a causa dell’inflazione che salirà alle stelle.  Gli oligarchi russi cosiddetti outsider sono consapevoli del fatto che la scelta di Putin è sucida e che non perderanno le loro ricchezze quando la guerra sarà finita e si spera avrà inizio una vera democrazia.

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