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Lo sguardo libero
Incontro Salvini-Orban, il leader della Lega novello Trump d’Europa
SCHIAFFO 2 - Matteo Salvini, ministro degli Interni. Dopo 25 anni lascia il consiglio comunale di Milano.
Sbagliato. Anche se non ci andava mai per questione di tempo, è come tagliare le radici con la città
che lo ha lanciato.

L’incontro in Prefettura a Milano tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il premier ungherese Victor Orban dimostra quanto lo scenario politico europeo e internazionale necessiti di nuovi approcci e di come Salvini (al di là di come la si pensi) interpreti bene questa esigenza, fondata sulla coerenza col mandato elettorale e declinata sul principio di flessibilità. Salvini… sorta di Donald Trump.

Così si può spiegare quasi l’inspiegabile. Il fatto che il leader leghista, per trovare una soluzione alla questione dei migranti, incontri Orban, che è contrario sia a rivedere le regole di Dublino, che impongono al Paese di sbarco di farsene carico, sia al loro ricollocamento nei Paesi membri. Lo strumento? La flessibilità: appunto il provare a percorrere tutte le strade, affrontando temi come le reciproche esperienze nella difesa dei confini e le politiche economiche e fiscali del premier Orban, che tramite flat tax ha drasticamente tagliato le imposte ad aziende e privati – la detassazione è un punto del programma del Governo Conte - e ridotto l’Iva, determinando una crescita del Pil ungherese del 4,2% nel 2017. Altro tema: le elezioni Europee del 2019, quando i cosiddetti partiti sovranisti potrebbero mettere in seria difficoltà quelli legati ai popolari e i socialisti europei.

Coerenza e flessibilità, applicate da Salvini anche nel caso della nave Diciotti: di fronte alla resistenza dell’Europa a condividere il ricollocamento dei migranti, la soluzione è stata trovata nella Chiesa italiana e nell’Albania -  con l’Irlanda l’unico dei 28 Paesi membri ad accogliere qualche migrante.

I 5Stelle? Anch’essi – e non poteva essere altrimenti perché un Programma presuppone un metodo – seguono i principi  di coerenza col mandato elettorale e di  flessibilità nel raggiungimento degli obiettivi. La differenza sembra derivare, da un lato dall’intrinseca rigidità giustizialista e statalista dei 5Stelle, dall’altro dalla maggiore democraticità nelle decisioni dei loro vertici (mentre Salvini sembra essere leader monocratico). Si pensi alle posizioni critiche del presidente del Senato Roberto Fico sulla nave Diciotti rispetto alla linea di Governo o a certi differenti vedute tra il vice-premier Luigi Di Maio e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli sulle vicende del ponte Morandi crollato a Genova.

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