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Lo sguardo libero
Scontro Boeri-Salvini, perché entrambi traggono vantaggio dalla lite
LaPresse

Torna periodico lo scontro tra Tito Boeri, presidente dell’Inps, nominato dal Governo Renzi nel 2015, e Matteo Salvini. Motivo della divergenza:  secondo l’economista, ascoltato alla Commissione lavoro della Camera, l’abolizione della Legge Fornero e l’introduzione della quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) creerebbe un debito di 100 miliardi che ricadrà sulle spalle dei giovani. Di più, da questa riforma a essere penalizzati sarebbero le donne e ancora i giovani. La risposta di Salvini: “Si dimetta e si candidi alle prossime elezioni chiedendo il voto per mandare le persone in pensione a 80 anni”.

Il mandato di Boeri dura quattro anni, scadrà quindi nel 2019 e non può essere revocato. Senz’altro, logica vorrebbe che ci fosse spirito collaborativo, ma è anche vero che nello Stato esistono poteri che si bilanciano, hanno un’ autonomia e  non vengono eletti direttamente dal popolo. Indubbio, a livello di singolo individuo, che ciascuno ha una coscienza, un codice etico e proprie competenze. Altra questione sembra la convenienza, più che il tatto istituzionale, di Boeri a mantenere una poltrona in un contesto che va in  direzione opposta. Questa lite parrebbe tornare a vantaggio di  Boeri, o meglio del personaggio, delle sue ambizioni e convinzioni, che vengono ingigantite da questo clamore. D’altra parte anche Salvini sembra conseguire un tornaconto: l’accrescimento sia della cifra populista di questo Governo che della  convinzione di essere nel giusto: “Più alcuni professoroni mi chiedono di non toccare la legge Fornero, più mi convinco che il diritto alla pensione per centinaia di migliaia di italiani sia uno dei meriti più grandi di questo Governo”. In tutta questa vicenda di sicuro c’è solo che sarà la storia a dire chi dei due ha ragione.

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