Scontro De Luca-Saviano, la mafia non si combatte mostrando la violenza
Sembra sbagliato il processo alle intenzioni
Torna periodica la critica allo scrittore Roberto Saviano di sfruttare la sua condizione di personaggio conoscitore/minacciato dalla camorra per fare soldi. Questa volta ad attaccare è il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca: "La camorra c'è, ma ci sono persone che guadagnano sui diritti d'autore. Persone che si fanno i milioni rovinando intere generazioni di ragazzi che, per fenomeni imitativi, si comportano come quegli imbecilli delle serie tv”. Pronta la risposta di Saviano: "Affermazioni ridicole, come dare la colpa al chirurgo del cancro, sono fiero del mio lavoro".
Sembra sbagliato il processo alle intenzioni. Anzi la strada professionale di Saviano potrebbe anche essere un destino. Tanto è vero che si paragona al chirurgo, ma uno spirito dubbioso si pone l’interrogativo: siamo certi che questo genere di libri e fiction, così carichi di violenza, contribuisce a combattere il cancro della mafia con un effetto apotropaico o catartico? Più probabile che funzionino meglio le conferenze nelle scuole, i commenti sui media e via discorrendo.
Dall’altra parte è quasi scientifico che nella fattispecie si crei uno spirito emulativo. Succede con il lancio delle pietre dal cavalcavia, inevitabile in soggetti con poca autonomia intellettuale come certi ragazzi di alcune periferie di Napoli. Se un generico spettatore può istintivamente essere portato a simpatizzare per Marlon Brando e Al Pacino nel film “Il Padrino”, figuriamoci chi già vive in un determinato contesto e che quotidianamente vede armi, droga e violenza fuori dalla porta di casa.
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