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Politicamente scorretto
I figli di Berlusconi e la vendita del Milan

Che il presidente del Milan, S. Berlusconi avrebbe potuto gestire meglio questi ultimi anni in cui la squadra ha vissuto in una mediocrità assoluta lo sanno pure i sassi.
Così come sanno tutti che da circa cinque stagioni cerchi un socio che lo aiuti ad affrontare le spese cospicue e i "rossi" di bilancio che annualmente la "cassaforte famigliare" (Fininvest) deve ripianare per non portare i libri contabili in tribunale.
Così come tutti sanno che da due anni sia tentato di cedere la maggioranza e abbandonare l'azienda con cui ha ottenuto più successi, che gli ha donato maggiore visibilità, notorietà, e fama in tutto il globo terracqueo.
Ma è sotto gli occhi di tutti, che la telenovela della cessione delle quote societarie minoritarie o maggioritarie ha superato ogni limite ponderabile.
Certo il presidente Berlusconi è un attempato signore ottantenne con diversi problemi di salute (da ultimo il delicato intervento cardiaco) e che non possiede, come è logico che sia, la forza e la voglia di rilanciare il Milan come fece 30 anni orsono.
Tutto risaputo, tutto abbondantemente raccontato dalle cronache sportive e non, ma su un aspetto nessuno ha puntato "l'indice accusatore".
Lo punto io, che seguo il "mio Milan" dal 1977.
Io che mi ergo a testimone in difesa della storia, della fama, della gloria del AC Milan 1899.
E il mio "indice accusatore" indica come responsabile di questo "attentato al blasone rossonero" la prole di S. Berlusconi.
Sì, sì, i cinque figli (due di primo e tre di secondo letto) del presidente.
Cinque figli a cui il padre, da tempo immemore, ha destinato il controllo e la maggioranza delle azioni delle varie aziende del mega-impero.  Nessuno di loro, neppure la figlia Barbara, AD della parte marketing del Milan, "potenziale guida futura" della società rossonera, possiedono nel loro DNA i cromosomi della passione per i nostri colori.
Nessuno.
Anzi, l'AC Milan 1899 è un fardello, una voragine mangia soldi che erode il patrimonio del gruppo.
Una macchia rosso vivo nelle colonne del bilancio che vorrebbero cancellare quanto prima.
Niente, di niente. Ecco che cosa è il Milan per i rampolli di Berlusconi.
Non ha valore storico; non ha valore affettivo; non ha valore economico (seppur il calcio è una delle imprese più importanti nel panorama della finanza globale).
Un "ferro vecchio" da sbolognare in fretta.
A chiunque; cinesi, asiatici, arabi, russi, ecc. purchè portatori di fresche banconote da inserire nel forziere di famiglia.
Una sorta di attenuante la posseggono le 3 figlie femmine di cui posso comprendere il loro disamore per il Milan.
Un disamore che io non disdegno se si limitasse a non voler assumere cariche amministrative e direttive, ma che osteggio se diventa una mancanza di rispetto per la passione di milioni di tifosi che difendono la storia centenaria, del loro orgoglio, del loro tifo.
Sarò considerato un troglodita, un retrogrado, un reazionario, un antiquato becero sessista, ma le figure femminili nel mondo pallonaro non hanno mai portato nulla di positivo (la vicenda Pato-Tevez docet....)
Ma che i due figli maschi non posseggano dentro di loro "IL SACRO FUOCO" beh la cosa mi deprime molto.
Anche perchè altre realtà nazionali o straniere hanno visto il "normale" ricambio generazionale; poche per la verità, ma il passaggio di consegne è avvenuto in più di una circostanza soprattutto quando sono famiglie a capo di imperi (come i "Berlusconi) industriali dove la pecunia non manca (le due squadre italiane che sono passate da padre in figlio preferisco non nominarle perchè ho il timore che mi venga un attacco di orticaria....).
Forse, è un segno dei tempi, un segno di come siano cambiate anche i rapporti famigliari.
Del resto fino a qualche decennio fa la quasi totalità dei figli maschi ereditavano oltre che il cognome paterno a cui davano continuità, anche la fede calcistica, eccetto i casi in cui il pargolo soffriva di un elevato "complesso di Edipo" , in tal caso il tifo calcistico era indirizzato esattamente agli antipodi.
Complesso di Edipo o meno, mi chiedo, comunque, come gli eredi di Berlusconi possano essere così "insensibili" alle sorti del Milan, che è d'uopo ricordargli, è stato il "marchio" più vincente delle loro aziende, quello che ancora oggi è l'ambasciatore dei loro networks (il brand Milan ha un appeal mondiale molto più alto rispetto a tutte gli altri settori della loro galassia industriale).
Vorrei elargire un consiglio agli eredi del Presidente.
Se non soffrite della incurabile malattia chiamata tifo calcistico; se non anelate per quei colori, quello stemma; se non possedete l'orgoglio di rappresentare oltre un secolo di vittorie, abbiate quantomeno la capacità di comprenderne il valore economico in fatto di marketing e di immagine per tutto il vostro "impero", andando oltre la fredda contabilità dei bilanci annuali.
Proprio come capì benissimo vostro padre oltre 30 anni fa.

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