Aldo Moro, la fiction Rai una poesia da diffondere nelle scuole
Così la fiction Rai ha attualizzato certi tratti essenziali della figura di Aldo Moro
Di Klaus Davi
Una lunga, intensa, coinvolgente e struggente poesia. Non c’è altro modo per definire la docu–fiction andata in onda martedì 8 maggio in prima serata (e preceduta da un’orazione ad opera di Luca Zingaretti), per ricordare il quarantennale della morte di Aldo Moro, la cui scomparsa – come giustamente sottolineato fin dall’inizio del documento visivo – ha segnato più di ogni altro fatto la storia recente della nostra Repubblica. Non era facile dipingere attraverso un mezzo moderno anche se tradizionale come la fiction la figura di Aldo Moro. Eppure la delicatezza del racconto insieme all’interpretazione rispettosa e sfumata della personalità dello statista pugliese, a cura di Sergio Castellitto, ci ha restituito alcuni aspetti del suo carattere che, a nostro avviso, hanno attualizzato certi tratti essenziali della sua figura.
Il servizio pubblico aveva una serie di esigenze da espletare attraverso questa operazione. In primis, raccontare la figura di Moro in modo non scontato, tenendo conto che gli utenti sarebbero stati invasi da commemorazioni, documentari, film e inchieste sul tema. La scelta, dunque, è stata quella di puntare più sull’uomo che sul politico. O meglio, su una visione della politica filtrata da un vissuto esistenziale che ha avuto un epilogo drammatico, ma non esauriva il suo senso nella tragicità degli accadimenti. Il suo valore non era sigillato dal martirio – sarebbe un errore storico macroscopico circoscrivere a questo pur terribile fatto la portata del pensiero di Moro – ma era, ed è, intenso, presente e declinabile ancora oggi in quanto tale.
La seconda esigenza – come fu anche per Alfred Hitchcock coi filmati girati nei campi di concentramento nel 1945 – rispondeva al bisogno di mostrare soprattutto al target più giovane che uomini così sono esistiti veramente. Nell’era della contestazione della storia, del revisionismo discount, della convinzione diffusa che la manipolazione sia l’ingrediente principale del ricordo collettivo e ufficiale, non era un obiettivo semplice.
Di qui l’opzione inevitabile dello stile documentaristico, un prodotto sulla carta rischioso perché deve riuscire a coniugare l’effetto più veritiero e neorealista della nostra tradizione visiva con il contesto psicologico e pedagogico del personaggio, affidato invece alle introspezioni dello sceneggiato.
Per chi è appassionato di estetica, il dibattito se sia più vera la trasfigurazione poetica oppure il crudo racconto della realtà; vale a dire quale dei due percorsi narrativi interpreti più fedelmente la verità, è una questione dibattutissima da secoli. La Rai ha dovuto affrontarla secondo i codici della modernità, trovando una soluzione di indubbia armonia stilistica.
La terza esigenza, centrale, era quella di conferire autorevolezza al metodo pedagogico di Moro. A discapito del suo ruolo politico, gli sceneggiatori hanno caricato d’intensità emotiva la sua missione socratica, mettendo energicamente a fuoco il rapporto con gli studenti e i contestatori. È il punto più delicato del filmato, perché ha l’obiettivo di attualizzare il messaggio di Moro fondato sulla capacità di ascolto e di dialogo puntando alle giovani generazioni e , contestualmente, utile per inviare un messaggio chiaro alla classe dirigente di oggi.
Senza alcun tabù, viene dato spazio – attraverso le testimonianze di magistrati, allievi e giornalisti – anche al tratto rivoluzionario della sua visione e, soprattutto, funzione della cosa pubblica ; animate entrambe da un forte spirito etico che lo ha reso inviso a poteri istituzionali e occulti, nazionali e internazionali. Ma l’ambasciata è arrivata a destinazione? In buona parte sì.
Guardiamo insieme i dati: il docu–film per la tv, diretto da Francesco Miccichè, ha raggiunto il 14,7% di share con poco meno di 3,7 milioni di spettatori, segnando uno score più basso del 7% circa rispetto all’audience registrata da Rai Uno negli ultimi 30 giorni nella fascia prime time del martedì (-0,4 punti percentuali di share). Comunque un risultato rimarchevole, se si considera che in concomitanza diretta c’era un programma molto seguito come Il Grande Fratello. La trasmissione ha avuto un seguito maggiormente femminile (62%) e localizzato nelle fasce più mature della popolazione (45% del pubblico con più di 65 anni, 82% over 45). Oltre il 13% dell’audience era in possesso di un titolo di studio elevato: sui target ad alta scolarità il programma ha raggiunto il 19% di share. Il Lazio è stata la regione con il miglior risultato di share (19%); subito dopo troviamo Calabria e Puglia con oltre il 17%. Di contro, gli abitanti di Trentino, Veneto ed Emilia Romagna sono stati i meno interessati, restando sotto il 12% di share; anche la Campania è sotto la media nazionale, ferma al 13%. Lo rivela l’analisi a cura di Anthony Cardamone, a capo del dipartimento ricerche di Omnicom Media Group, in collaborazione con l’agenzia Klaus Davi & Company.In conclusione, una diffusione del documento nelle scuole, a nostro avviso, sarebbe di grande aiuto per aiutare i più giovani, distratti martedì sera da una puntata monstre del reality di Canale 5 , a riscoprire la figura di Aldo Moro.
SPIGOLATURE
In una serata dominata dalla finale di Coppa Italia tra Juventus e Milan (39% di share), si difende bene “Chi l’ha visto?”, storico programma trasmesso sulla rete diretta da Stefano Coletta, Rai 3: la trasmissione condotta da Federica Sciarelli ha registrato il 10,2% di share grazie a più di 2,3 milioni di telespettatori.
Subito dopo, in seconda serata, vola l’approfondimento notturno del TG3 di Luca Mazzà, Linea Notte, ottiene risultati identici in termini di share con il 10,2% e 860.000 spettatori, battendo la concorrenza di Matrix che, su Canale 5 (rete diretta da Giancarlo Scheri), è stato seguito da 558.000 individui con il 7,7% di share.
Tra le altre emittenti spicca la performance di Rai Premium, che ha superato l’1,8% di share con “Il giudice meschino” – miniserie di produzione Rai tratta dal romanzo di Mimmo Gangemi - intrattenendo un’audience di circa 431.000 persone.