Il Pd è morto ma non il popolo di sinistra. Lo dimostra il Tg3
Il Tg3 continua a crescere negli ascolti. Ecco la ricetta di Luca Mazzà
Il Tg Tre a guida Luca Mazzà continua a crescere negli ascolti. Quando il giornalista romano, con alle spalle una robusta formazione economica, successe a Bianca Berlinguer, molti parlarono di normalizzazione e prefigurarono un
Non era facile perché l’autorevolezza e la presa sul popolo della sinistra di “Bianca Nazionale” non deve essere certo spiegata… Per capirci, il non rimpianto D’Alema soffriva molto la popolarità della Berlinguer: si racconta che alle feste dell’Unità i compagni acclamassero molto più lei di lui, spesso ignorandolo del tutto o non riconoscendolo neanche, il che è pure peggio. Succedere a un’icona vivente non è una passeggiata, considerando che il neodirettore veniva indicato come renziano e, storicamente, i tg “governativi” scontano in termini di impatto sul pubblico parecchio consenso. Invece gli ascolti hanno ricominciato a crescere, il Tg Tre è tra i generalisti quello che aumenta di più: nelle principali edizioni delle 14.20 e 19.00 registra rispettivamente +0,7% +0.6% nei confronti dei primi 8 mesi del 2017 che erano già in forte crescita rispetto allo stesso periodo 2016. In valore assoluto sono oltre 200.000 telespettatori in più alle 19.00 e circa 130.000 alle 14.20. L’ultimo incremento è avvenuto quest’estate con un secco +2% di share nelle edizioni di punta.
Come si spiega un simile risultato? Intanto la tecnostruttura “comunista” della Rai vanta ancora professionalità solidissime e di alto livello. Solo per citarne alcuni, ai vertici della testata si distinguono per serietà e ottimi pedigrees professionali vice direttori come Maurizio Ambrogi, Giorgio Saba, Pierluca Terzulli e , naturalmente, Carmen Santoro. Un sostrato che si riconosce anche nei programmi di Rai Tre che – per quanto Rete in perdita di identità e con una crisi di ascolti dovuta all’uscita di Fazio ma non solo – resta il canale che fa sempre gli esperimenti più interessanti con programmi qualitativi e di inchiesta di assoluto valore. Per Affari Italiani ne abbiamo recensiti diversi, pleonastico rielencarli qui.
Ma per spiegare il fenomeno Tg Tre e il non scontato incremento degli ascolti negli ultimi due anni, la sociologia ancorché spicciola può aiutare. In fondo, il popolo di sinistra è cambiato: non crede più nella demagogia, si sente minacciato dal qualunquismo ideologico dei Cinque Stelle, cerca soluzioni che non trova rappresentate in un partito avviluppato nelle proprie pastoie e staccato dalla realtà. Ridurre al minimo il tasso di ideologismo e di slogan parolai anche nel taglio dei servizi non ha significato per le indubbiamente valide maestranze di “Tele Kabul” perdere in termini di incisività. Le inchieste sono toste e a firmarle sono inviati agguerriti come Fabrizio Feo, Valentina Antonello del politico e Francesca Sancin, un mastino della cronaca.
E se vogliamo infierire: metaforicamente le rubriche del Tg che fu di Sandro Curzi rispondono alle richieste di un target che invece nei politici “amici” non trovano riscontri. Fuori tg si occupa della gente e del popolo vessato da burocrazia, multinazionali e mala politica, con l’umiltà e lo sforzo di capire e spiegare il disagio tentando anche di risolvere i problemi. Linea Notte, vale a dire la messa cantata notturna del giornale di sinistra della Rai, è recitata da un volto storico come Maurizio Mannoni, il quale palleggia la materia politica con sagacia e contribuendo a decodificare gli algoritmi del Palazzo. Forse a volte in modo troppo soft, ma il pubblico comunque sembra gradire. Un plauso va a Tg Tre Mondo curato da Roberto Balducci e Maria Cuffaro, l’unico spazio televisivo in cui la finestra sugli esteri offre chiavi di lettura inedite, precise, costanti. Che si occupi di Nicaragua o della crisi turca, lo sforzo della redazione è quello di far comprendere perché tutto riguarda anche noi, che l’interdipendenza è una realtà.
Qualcuno potrebbe parlare di riserva indiana, può essere, ma il microcosmo è corposo e ha voglia di battersi e, soprattutto, è in cerca di un luogo della politica. Il Partito Democratico è morto il giorno in cui non ha avuto il coraggio di chiedere conto ai boss delle autostrade dei soldi rubati agli italiani… Ripartiamo dalla gente, dice Maurizio Martina, peraltro un politico serio e che merita massimo rispetto: allora, caro segretario, cominciamo da milioni di italiani che hanno pagato l’autostrada a peso d’oro e ingiustamente! La “tua” gente è quella che ha dovuto – e deve, perché anche questo governo dorme… – sborsare 80 euro per la tratta Napoli-Milano e scopre che la triade Prodi-D’Alema-Renzi ha “patrocinato” il furto legalizzato senza fiatare. Il Pd è morto col crollo del ponte di Genova, ma il popolo di sinistra, no. Quello c’è ancora in attesa di un soggetto credibile che possa ridare orgoglio e combattività. E Luca Mazzà – numeri alla mano – dimostra che questa gente ancora c’è, eccome. Quello che manca, tristemente, è la politica.
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