Culture

Anish Kapoor a Brescia: l'artista è un "matto" che cerca il nuovo

 

Brescia (askanews) - Ci sono gli specchi, in una nuova versione bicroma, e ci sono le classiche sculture che sembrano nascere dalla matericità stessa del colore. Ma soprattutto c'è l'emozione del confronto diretto con uno di quegli artisti che hanno contribuito a forgiare il presente. La Galleria Massimo Minini di Brescia ospita, fino al primo aprile e per la quinta volta, una mostra di Anish Kapoor, con lavori recenti che, in qualche misura, fanno pensare a una fotografia in divenire del momento dell'artista anglo-indiano."E' un mio autoritratto oggi questa mostra? - ci ha detto Kapoor - Non lo so, però è sicuramente un riflesso di linguaggi interiori, che non sempre sono razionali o logici. Io credo che un artista debba correre il rischio di non essere logico, di fare qualcosa di stupido. Comportarsi come un matto può essere il solo modo per portare qualcosa di nuovo, e bisogna correre il rischio".Tra le cose nuove della mostra bresciana, che fin dalla prima sala presenta pezzi di livello museale internazionale, ci sono le ultime versioni dei classi specchi di Kapoor, che lui pensa sempre e comunque in relazione con i suoi altri lavori."Gli specchi - ha aggiunto l'artista - riguardano lo spazio che sta di fronte, e per una semplicissima forma di prospettiva gli specchi giocano con i dipinti, che invece guardano al loro interno, e questo genera una sorta di linguaggio e di dialettica. E io credo che una cosa che succede con le mostre è che queste hanno a che fare con la negazione, e per questo gli specchi hanno una linea nera al centro. Sono lavori che dicono 'no', e questo no ha a che fare con la vita e la morte".La Galleria Minini, per l'occasione di questa mostra, ha anche pubblicato un piccolo volume dedicato ai disegni murali nello studio di Kapoor, in qualche modo la preistoria - e il momento in cui si genera l'idea - di quelle che poi diventeranno le opere successive. E per Massimo Minini questa esposizione ha anche un ulteriore valore particolare."Anish - ci ha confidato il gallerista - è uno che mantiene i rapporti anche con gallerie interessanti, come la mia, ma non di grandissimo mercato. Però quello che conta nel nostro rapporto, con Kapoor, ma anche con Paolini o tanti altri, è proprio il rapporto personale. Per questo le gallerie non sono trasmissibili in un certo senso".Ciò che si trasmette nelle sale è la potenza dell'indagine di Kapoor, ma anche la sensazione di una costante messa in discussione e di una fertile provvisorietà. "Ci sono due aree principali - ha concluso l'artista - alle quali ho guardato nel corso degli ultimi trent'anni, e in qualche modo sono complementari. Una è la presenza dell'oggetto, l'oggetto in sé. L'altra è l'assenza dell'oggetto. Molti lavori riguardano il vuoto, il negativo, ma entrambi questi elementi guardano all'interno... Credo che tutto il mio lavoro abbia a che fare con l'interiore che diventa esteriore".