Culture

Arte contemporanea sì o no? Il bello di una crisi costante

 

Milano (askanews) - L'arte contemporanea è sicuramente un grande mercato, tra l'altro anticiclico, quindi fiorente anche nei momenti di crisi per gli altri settori dell'economia. Il boom dei prezzi di opere di artisti come Jeff Koons o Christopher Wool fa periodicamente storcere il naso a molti ed è di questi giorni anche l'articolo del Washington Post che, a firma del professor Robert Ekelund, mette in luce come il boom del contemporaneo finisca spesso con il mettere in difficoltà grandi musei, come per esempio il Metropolitan di New York. Insomma, il presente resta per molti indigesto, e non mancano voci nostalgiche, e, se ci permettete, un po' sdrucite, che denunciano la "truffa" o la "bolla speculativa" dell'arte contemporanea nonché, a detta loro, la inaccettabile lassità della stessa definizione di cosa sia arte e cosa no.Ironia della sorte, l'intelligenza degli artisti, quelli bravi ovviamente, gioca proprio anche su questa difficoltà di definire e definirsi, come ci ha detto uno dei curatori più importanti della generazione dei quarantenni, Massimiliano Gioni. "Il bello dell'arte contemporanea - ha spiegato ad askanews - è che l'esperienza della crisi della sua definizione è costante. Detto in parole povere: è arte ciò che in un dato momento storico una serie di comunità riconoscono come tali, quindi è impossibile dare una definizione".Impossibile dunque. Ma anche il suo opposto, cioè la reale possibilità di andare oltre il mercato, in una dimensione che non ha vergogna di essere tanto sociale quanto addirittura sacra. E lo dimostra un artista come Theaster Gates, inserito nella classifica di Artsy tra i 10 viventi più influenti al mondo. "Io credo che l'arte abbia un tremendo potere - ci ha detto in occasione della sua mostra in Fondazione Prada a Milano - e questo potere si genera quando prendi dei materiali grezzi e credi nel potenziale delle cose. La parte artistica non è tanto l'oggetto che viene realizzato, ma è l'investimento profondo che una persona mette nelle cose che fa".Come si vede, si parla ancora di investimenti, ma l'accezione è decisamente diversa. Come diversi diventano i grandi musei globali, come la Tate Modern per esempio, che nel suo team curatoriale ha anche l'italiano Andrea Lissoni, che ha presentato le nuove sezioni dell'istituzione - pubblica - londinese, appena rinnovata. "I Tanks - ha spiegato l'ex curatore di Pirelli HangarBicocca a Milano - sono dedicati a come performance, suono e immagini in movimento abitano la storia dell'arte del XX Secolo e, al contrario, il piano 2 e 3 del nuovo edificio sono leggermente influenzati dalla presenza di Joan Jonas o di Mike Kelley, gli artisti che hanno scosso le fondamenta delle convenzioni, della scultura in particolar modo".E proprio a Joan Jonas, vera leggenda nel campo della performance, possiamo affidare la chiusa più adatta e più contemporanea, con buona pace dei "benpensanti". "Io credo - ha ammesso l'artista - che l'arte non debba fare nulla".E allora che Gilbert&George cantino pure come hanno fatto da sculture viventi (in questo video del MoMA di New York).