Culture

Dentro i Tanks della Tate Modern: una porta sul contemporaneo

 

Londra (askanews) - Fondamenta e ingresso della nuova Tate Modern: i Tanks, un tempo serbatoi di olio della centrale elettrica, oggi sono al tempo stesso il primo momento dell'esperienza del museo londinese, ma pure il punto in cui, probabilmente, il ragionamento curatoriale si spinge più in là, abbracciando tanti dei modi nei quali il contemporaneo trova maggiormente cittadinanza. Li abbiamo visitati accompagnati dal senior curator della Tate Andrea Lissoni."I Tanks - ci ha spiegato - sono una porta d'ingresso, non sono uno spazio separato, non sono lo spazio esclusivamente dedicato a performance, film e suono, ma sono lo spazio in cui performance, film e suono finalmente entrano a fare parte della storia dell'arte moderna a fianco della scultura e dell'installazione".Una storia che può prendere la forma dell'installazione multi schermo di Marvin Gaye Chetwynd, nella quale va in scena una performance carnascialesca ispirata a una detective drama. Oppure quella della scultura elettronica interattiva "Umbrella", realizzata, addirittura nel 1971, da Wen-Ying Tsai, che acquista differenti velocità in base alla partecipazione del pubblico, o ancora di una luce blu proiettata su uno schermo da Dominique Gonzalez-Foerster, nella quale il "dipinto" è, provvisoriamente, creato dalle ombre dei visitatori. Insomma, in questo spazio ciò in cui ci si imbatte vuole dichiaratamente essere "un'esperienza di diverso ordine"."Credo - ha aggiunto Lissoni - che un'opera come 'Primitive' di Apichatpong Weerasethakul, che è stata vista per quasi cinque anni come una mostra e ricorda un villaggio nel nord della Thailandia chiamato Nabua e che oggi viene presentato nei Tanks come un'opera della collezione, come se fosse un'astronave, assecondando la forma circolare dei serbatoi e diventando un ponte di controllo di un'astronave, credo sia una meravigliosa metafora di come l'arte consente di viaggiare nello spazio e nel tempo".I Tanks sono anche la base dell'intero nuovo edificio della Tate Modern e addentrandosi nello spazio brutalista delle scale si ristabilisce un collegamento naturale - ovviamente la parola è connessione - con le esibizioni organizzate ai piani superiori, dove, anche grazie alla presenza di artisti decisivi come Bruce Nauma, Mike Kelley o Louise Bourgeois, il quadro si armonizza (senza perdere alcuno spigolo), la visione si amplia e la complessità permanente si fa esperienza sensoriale. Abbracciando buona parte dell'enorme spettro entro il quale si muovono irrequieti e spesso anche divertiti gli artisti contemporanei.