Economia

Come cambia il Welfare aziendale: dal Novecento alle comunità

 

Milano (askanews) - Un Welfare che cambia e che si deve staccare sempre di più dal modello industriale del Novecento, per strutturarsi a partire dalle aziende e arrivare alle comunità. Di questo si è parlato nello spazio MIL di Sesto San Giovanni in occasione della presentazione del primo Rapporto "Welfare for People", dedicato al Welfare aziendale e occupazionale in Italia e realizzato dalla Scuola di alta formazione in Relazioni industriali e di lavoro di ADAPT insieme a UBI Banca.Letizia Moratti, presidente del Consiglio di Gestione di UBI Banca: "Con la presentazione di questo rapporto sul Welfare - ha detto ad askanews - vogliamo contribuire alla lettura di un fenomeno che è in crescita, ed è in crescita perché c'è un arretramento del Welfare pubblico, perché ci sono tante iniziative private che vogliono contribuire a un Welfare che da aziendale diventerà sempre di più di comunità".A presentare il Rapporto è intervenuto il professore di Diritto del Lavoro nonché coordinatore scientifico di ADAPT, Michele Tiraboschi. "La novità del rapporto che presentiamo - ci ha spiegato - è quella di cercare di leggere questo fenomeno nell'ottica delle Relazioni industriali, dei sistemi di contrattazione collettiva, che sono diversi, dalla meccanica, alla chimica, all'artigianato, al tessile e ai vari settori. Quindi una mappatura più attendibile che evidenzia che il tema è molto sentito e che non nasce semplicemente dalla crisi del Welfare pubblico, ma nasce dalle grandi trasformazioni del lavoro, del modo di fare impresa, e che queste grandi trasformazioni hanno bisogno di essere accompagnate, perché il cambiamento non crei insicurezze, ma sia sostenibile".Per UBI, in particolare il tema del Welfare aziendale è al centro di un progetto specifico, partito un anno fa. Rossella Leidi, vice direttore generale della banca: "Il progetto Welfare - ci ha detto - è nato in UBI Banca coerentemente con la visione di UBI e la volontà di rispondere ai bisogni della clientela, in particolare abbiamo una visione di Welfare come fattore competitivo per l'azienda, quindi davvero strategico, soprattutto in questa fase di trasformazione dei rapporti di lavoro, del mondo del lavoro, dell'industria e parlo di industria 4.0 per esempio".Una delle criticità evidenziate dal Rapporto, che in fondo ruota intorno a una diversa consapevolezza del modo in cui si può fare impresa, è la ancora scarsa penetrazione del Welfare aziendale nel vasto tessuto delle PMI italiane."La nostra offerta - ha aggiunto Rossela Leidi - è molto mirata a rendere disponibile il Welfare un po' a tutte le classi dimensionali d azienda, con un focus prevalente proprio sulla piccola e media impresa che può avere autonomamente maggiore difficoltà nel poter strutturare piani di Welfare di questo tipo"."UBI - ha proseguito Letizia Moratti - offre la possibilità di promuovere il Welfare aziendale attraverso diverse formule e anche presso le piccole e medie imprese, che sono poi la grande parte del tessuto produttivo italiano, quindi credo che UBI stia facendo un'attività che certamente è coerente con la propria mission aziendale, ma diventa anche una attività sociale".Perché, secondo Tiraboschi, non è possibile continuare a utilizzare vecchi strumenti in un mondo che continua a cambiare. "Cambiando il modo di fare impresa, cambiando le produzioni - ha concluso il professore - deve cambiare anche il vecchio Welfare che è ancora pensato per il Novecento industriale".