Economia

Confintesa: "Un umanesimo del lavoro contro dittatura algoritmi"

 

Roma, 14 giu. (askanews) - Siamo in balia di una nuova dittatura governata da calcoli matematici, schiavi di multinazionali e regole europee. Una schiavitù che condanna molti, soprattutto i giovani, a una vita precaria e all'impossibilità di formarsi una famiglia e inserirsi nella società. Questi i temi affrontati nel convegno "Dalla dittatura del capitalismo finanziario alla dittatura degli algoritmi" organizzato a Roma da Confintesa presso l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Un incontro a cui hanno preso parte tra gli altri il Segretario Generale di Confintesa, Francesco Prudenzano, l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, Stefano Fassina, deputato Leu-Commissione Bilancio, Walter Rizzetto, deputato FdI-Commissione Lavoro, il Professor Sergio Cesaratto e la Professoressa Antonella Stirati, docenti universitari di Economia rispettivamente a Siena e a Roma Tre.Per il Segretario Generale di Confintesa Francesco Prudenzano, il titolo del convegno è una provocazione in quanto l'algoritmo è uno strumento e la responsabilità è di chi lo usa; ma di fatto, denuncia, oggi si usano gli algoritmi per calcolare i tempi e la produzione di chi consegna pacchi di Amazon, di chi fa il rider e tante altre professioni. "Questo sistema deve cambiare perché l'algoritmo può essere modificato, si possono inserire parametri che riguardano il benessere lavorativo e altri sistemi di misurazione che non sia solo la produzione fine a se stessa. Per cui l'algoritmo di per sé è neutro, lo stiamo usando male".Il messaggio è chiaro: "La politica deve prendere in mano la situazione e introdurre un umanesimo del lavoro, che non sia solo basato su produzione e consumo".Sergio Cesaratto: "Forse aveva visto bene Pasolini, nell'individuare nel mondo moderno una nuova schiavitù, d'altra parte la tecnologia ci ha anche liberato dal lavoro, nulla è tutto nero o bianco; mi è stato anche chiesto di collegare questa problematica all'Europa: siamo anche schiavi dell'Europa? In un certo senso sì, ma è una schiavitù in cui ci siamo anche cacciati da soli, quindi non c'è dubbio che ci siamo cacciati in questa trappola: volevamo farci ingabbiare nelle regole tedesche sperando di diventare tedeschi, forse avremmo bisogno di nostre regole un po' all'italiana ma che ci lascino sopravvivere".Per Antonella Stirati serve un intervento forte della politica: "La disoccupazione che vediamo oggi a livello globale non è l'effetto di progresso tecnico, nell'economia italiana di questo ne abbiamo visto fin troppo poco negli ultimi decenni, c'è anzi bisogno di incentivare l'innovazione, ma è frutto di politiche di austerità e altri problemi".In passato, ricorda, periodi di elevata innovazione e produttività sono stati anche periodi di piena occupazione. "Questo significa che appropriate politiche possono compensare gli effetti occupazionali negativi dell'innovazione tecnologica".E Fausto Bertinotti ha aggiunto: "Il capitalismo finanziario ha vinto contro il suo avversario storico, il lavoro, lo ha ridotto a merce e sulla base di questa vittoria di fondo ha plasmato la tecnologia e la scienza secondo i suoi bisogni, da qui l'apparenza di una dittatura della tecnica che è in verità una dittatura del capitale. Credo che quello che si debba fare è favorire una rivolta, guardare con attenzione l'erba che spunta, il conflitto, sia che prenda la forma dei gilet gialli, sia dei ragazzi che riempiono le strade chiedendo un mondo diverso: lavoro e natura sono le due grandi vittime di questo sistema, la rivolta di queste vittime può determinare un mondo nuovo".