Politica

Sud Sudan, donne e bambini in lotta per sconfiggere la fame

 

Aweil, Sud Sudan (askanews) - Sono ormai almeno 6 anni che il Sud Sudan, in Africa centrorientale, a intermittenza è teatro di un conflitto interetnico atroce e sanguinario, inaspritosi nel 2013, tra i Dinka, sostenitori del presidente, Kiir e i ribelli Nuer, fedeli al suo vice, Machar. Una vera e propria guerra civile, alimentata dalla corruzione, che sta avendo gravissime conseguenze sulla popolazione locale, ridotta ormai alla fame.I leader del Sud Sudan hanno lottato per anni per l'indipendenza del Paese ma, una volta ottenuta quest'ultima, nel 2011, i combattimenti sono continuati all'interno, tra fazioni opposte della stessa popolazione.A fare le spese della malnutrizione sono soprattutto donne e bambini. Gli analisti internazionali sostengono che la crisi alimentare in realtà non è casuale ma è stata "programmata a tavolino" dai leader del Paese che spesso utilizzano la carestia come arma contro i ribelli, anche bloccando strategicamente, in maniera deliberata, l'arrivo di aiuti umanitari. Non è un caso, spiegano, che le zone più colpite dalla malnutrizione siano aree controllate dall'opposizione di etnia Nuer, come ha rivelato un recente rapporto delle Nazioni Unite."La situazione è drammatica - spiega Judy Juru Michael dell'Unicef - se non ci sbrighiamo a fare qualcosa di più per questa gente andremo incontro a una catastrofe e non possiamo permetterlo. L'Unicef e diversi partner stanno lavorando duramente per assicurare una risposta che possa gradualmente mitigare le condizione della popolazione".Circa un terzo dei sudanesi del Sud, almeno 2 milioni e mezzo di persone, è stato costretto a lasciare la propria abitazione, mentre almeno 5 milioni e mezzo di cittadini contano proprio sugli aiuti umanitari per sopravvivere e ricevono trattamenti salvavita per combattere la malnutrizione.Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno reiterato di recente la richiesta di sanzioni o di un embargo sulle armi che era stata bocciata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu a dicembre 2016. Dal canto suo, il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres ha denunciato il rifiuto, da parte della leadership del Paese, anche semplicemente di riconoscere la crisi e di far fronte alle proprie responsabilità per affrontarla nella maniera più corretta.