Spettacoli

"Risorgi", a Piccolo Eliseo in scena periferia dolente e spietata

 

Roma (askanews) - E' una periferia dove regna il degrado, urbano e morale, dove si aggirano individui cresciuti ai margini della società, con qualche velleità e poche speranze. Lo spettacolo "Risorgi", scritto, diretto e interpretato da Duccio Camerini, in scena al Piccolo Eliseo fino all'11 dicembre, nasce dal malessere che l'autore prova da anni nell'osservare il degrado della propria città, Roma. "Sono sedimenti di anni, arrabbiature: nasce dalla non sofferenza più di questa città. Che poi è sì Roma, la città dove viviamo, ma credo che la stessa insopportazione ci sia in realtà per molte metropoli, dove c'è una spersonalizzazione, dove c è anche una violenza, architettonica, anche paesaggistica, che incide poi sull individuo. Quindi l individuo è un frammento, è un frantume sparso che non conta più nulla .Camerini in scena interpreta Marika, un uomo di mezza età, aspirante transessuale, che gestisce insieme al figlio un traffico di storpi, che manda a chiedere l'elemosina in occasione del Giubileo della misericordia. Intorno a loro gira una serie di ruffiani e di nemici, di uomini e donne senza morale o senza futuro, di solitudini con tratti poetici: personaggi dolenti, in alcuni casi commoventi, in attesa di una propria personale resurrezione. Sergetto è un ex marchettaro che vive con Marika, Mongo un ritardato, un fool, Semmi un cameriere che prende bombe illegali per affrontare combattimenti clandestini, Rosa, è ex assistente sociale diventata tossica, Nadia, è una donna di mezza età che si accanisce contro il figlio disabile. Quando gli storpi vengono rapiti si apre una guerra tra balordi, in nome del potere, dei soldi e del predominio su un territorio che è terra di nessuno."Noi ci siamo appassionati a questa materia, l'abbiamo respirata come una cosa nostra, sentiamo che questo è uno specchio in cui ci riconosciamo, dolorosamente. E proviamo a fare il nostro lavoro, che è mostrare quello che vediamo, mostrare le storture, mostrare la nostra arrabbiatura, le nostre domande. Perché poi di questo si parla: noi dobbiamo fare domande".