Covid, Lugano senza coprifuoco: "Stiamo meglio dell'Italia, pochi contagi"
"In Piazza Cioccaro i ragazzi si assembrano all’aperto con un cocktail o un bicchiere di vino in mano: la maggior parte ha la mascherina abbassata..."
In Piazza Cioccaro, a Lugano, in Svizzera, i ragazzi si assembrano all’aperto davanti ai locali, con un cocktail o un bicchiere di vino in mano: la maggior parte di loro ha la mascherina abbassata. Ci sono tanti italiani che lavorano qui: vengono dalla Lombardia, ma anche dal sud. “Sono venuta dal Salento 2 anni fa, grazie all’offerta di lavoro in un hotel ed è stata la svolta della mia vita - ci spiega Federica - Qui ho due giorni liberi e guadagno quasi 5 mila euro al mese. Nel Salento per 1000 euro non avevo nemmeno la domenica libera: giù ho lavorato anche 7 giorni su 7 come commessa, in alcuni casi senza diritti. Qui si sta bene. Il lavoratore è rispettato”.
Anche la Svizzera sta provando a mettersi alle spalle il duro periodo delle chiusure pandemiche per ripartire e accogliere turisti.“A Lugano non c’è mai stato il coprifuoco, eppure i dati sono migliori di tante province italiane - ci spiega un uomo in giacca e cravatta che beve con i suoi amici in piazza - In Italia siete stati rigidissimi ed avete molti più casi. Controlli sul sito istituzionale: il 12 maggio 32 nuovi contagiati, il 13 maggio 42”.
I numeri corrispondono: sul sito istituzionale di Lugano ci sono solo 2 ricoverati e 42 nuovi contagi. Persino nella zona gialla di una provincia come Lecce i contagi variano da 105 a 200 nelle ultime settimane (eppure abbiamo il coprifuoco da ottobre 2020). “Ho i miei amici in Emilia-Romagna che la sera si ritrovano in casa al chiuso per colpa del coprifuoco che c’è in Italia - ci racconta una ragazza italiana che fa la cameriera a Lugano - Qui in Svizzera siamo all’aperto e nessuno ci ha tolto la libertà. Quando hanno chiuso i ristoranti abbiamo avuto ogni mese, puntuale, l’80 per cento dello stipendio e siamo stati benissimo. I miei amici italiani ancora attendono parte della cassa integrazione”.
Anche la Svizzera ha dovuto fare i conti con le chiusure per arginare il virus: il 22 dicembre del 2020 tutti hanno dovuto abbassare le saracinesche, ma senza imporre a nessuno un orario per tornare a casa. Gli imprenditori hanno sofferto, ma sono stati ben sostenuti sul piano economico: ora è stato concesso di riaprire all’esterno. Centinaia di persone bevono in piazza i loro aperitivi o sorseggiano i caffè all’aperto, come avviene pure in Italia, ma qui niente multe, nessun problema se si sta senza mascherina all’aria aperta. Nei ristoranti si rispettano le regole di igiene.
Il cameriere più anziano chiede a tutti di indossare le mascherine prima di sedersi. In piazza un ragazzo senza mascherina ci spiega che ha avuto il covid e se l’è cavata in 10 giorni: “Una mia amica è stata male, ma ora si è ripresa. Il problema è nei luoghi chiusi, quando lavori con molta gente. All’aperto non c’è rischio, come spiegano gli epidemiologi. Io non avrei mai accettato il coprifuoco”.
C’è chi si abbraccia, chi si saluta col bacio, ma c’è anche chi indossa la mascherina e mantiene le distanze: tutto il mondo è paese. La polizia guarda agli angoli della piazza, transennata al centro per evitare assembramenti fuori controllo. Alle 23:00 ci alziamo dal tavolo di un ristorante del centro. Riprendiamo la strada per l’Italia: dietro di noi alcune auto. Ritorniamo nella terra del coprifuoco, silenziosa e vuota nella sera ormai da mesi. Sulla strada, al confine, ci salutano la musica e i suoni notturni delle feste nei locali di una Svizzera che sembra già tornata alla normalità.
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