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Costume
Cinzia Re: "Vegano? Oggi è una moda, domani sarà filosofia alimentare"

È considerata all’unanimità la regina del vegano a Firenze, proprietaria di un locale tra i migliori in Italia per quanto riguarda la cucina di questo genere: “Bioveggy”. Artista a 360 gradi, ma in particolar modo cantante, Cinzia Re ha avuto la fortuna di essere stata chiamata da Sting per esibirsi con il suo gruppo – uno dei tanti, a dire il vero – nella tenuta Il Palagio. 

Tuttavia, sebbene la musica sia una costante sin da quando era ragazzina, oggi gestisce con spettabile maestria un ristorante a Firenze che serve solo cibo vegano. Di più, di fronte al dibattito continuo che si consuma sui giornali, in tv e nei locali pubblici tra coloro che sono a favore dell’essere vegetariani, vegani oppure onnivori – tematica sempre attuale che non ha ancora trovato una fine, nonostante i molteplici medici interpellati al riguardo – Cinzia si fa portavoce di un vero e proprio stile di vita alternativo, a suo parere più evoluto. L’abbiamo allora intervistata per scoprire la sua interessante realtà e discutere insieme a lei lo scottante tema Veg.
  
Cinzia, sei una donna di una tenacia e un ecclettismo rari per questa epoca. Ti riconosci nella definizione di “artista”?

“Assolutamente. Ho iniziato a cantare all’età di vent’anni e poi l’ho fatto in maniera professionale per altri venti; tuttora mi dedico a serate private, mentre ho smesso di esibirmi nei locali. Ho una passione per il rock, tuttavia spazio qua e là con facilità: quando si deve fare intrattenimento durante aperitivi, specialmente per gruppi di australiani e americani, la richiesta che va per la maggiore è quella dei classici o dello swing alla Michael Bublè, quindi principalmente cover”.
 
Hai però scritto anche qualche brano.

“Sì, seppur rimasto nel cassetto. Ultimamente ho realizzato un pezzo arrangiato da Giacomo Castellana – bravissimo chitarrista che ha lavorato tra le altre con Elisa e la Nannini – non ancora diffuso perché al momento le mie attività vegane occupano quasi tutto il mio tempo”.

L’idea di aprire un locale veg ha qualcosa a che fare con la tua indole solare e socievole?

“Ne è la diretta conseguenza: in passato ho lavorato in Giappone e in Africa, imparando molto da quelle culture. Inoltre, la mia tendenza a fare amicizia immediatamente con le persone mi ha portata negli anni ad avere tanti affetti e anche più conoscenti. Insomma, diciamo che non mi annoio. A volte si tende ad accomunare la vita di un vegano a tranquillità, pacatezza, solitudine, forse un po’ di tristezza: è un’associazione completamente sbagliata!”

Ci racconti meglio quest’ultima parte della tua vita?

“Assumendomi i rischi del mestiere, ho deciso di aprire a Firenze un ristorante e una paninoteca, quest’ultima in seguito venduta. Essendo io vegana, ho voluto portare questo “credo” anche all’interno delle mie neonate creature. Oggi si parla molto di vegano, ma spero che non sia soltanto una moda come un’altra. Il rischio c’è, invece dovrebbe essere qualcosa di diverso”.

Che cosa significa per te essere vegana, e perché pensi che sarebbe auspicabile se tutti lo fossero?  

“Nei miei sogni – e anche nella mia consapevolezza al riguardo – mi auguro che diventi la filosofia del domani; anzi, sono quasi sicura che sarà così! La mia personale scelta è nata per motivi etici ed è avvenuta al pari di una folgorazione, grazie all’acquisizione di informazioni e conoscenze che tutti dovrebbero quantomeno avere, prima di decidere cosa fare della propria vita. 
Non soltanto sono fermamente convinta delle mie idee, ma trovo quasi una missione quella di diffonderle il più possibile. Per questo motivo vado spesso a cena in ristoranti normali per sensibilizzare le altre persone, facendo vedere loro che si può condurre una vita normalissima anche essendo vegani”.

Ammetterai, però, che per chi è abituato a mangiare di tutto, cambiare drasticamente regime alimentare non è semplice, ci vuole tanta convinzione e anche costanza.

“Senza dubbio. Molti passano attraverso la fase di diventare prima vegetariani e poi vegani, mentre nel mio caso questo step intermedio non c’è stato: ero talmente motivata che non ne ho sentito l’esigenza”. 

Perché aprire Bioveggy a Firenze? 

“Inizialmente ho trovato la forza  di farlo poiché si era ancora agli esordi di quella che adesso è una tendenza ben più diffusa, perciò spesso non sapevo dove andare a mangiare. Quando ho aperto il mio primo locale esisteva soltanto un altro posto simile, ma più incentrato sui dolci; con gli anni ne sono spuntati diversi a Firenze e questo è il chiaro segno che la filosofia che seguo sta prendendo sempre più piede”.

Tu offri una cucina completamente vegana e per di più senza glutine. Per una persona qualunque, è difficile mangiare così nella quotidianità?

“Diciamo che un minimo di studio è indipensabile, ad esempio per imparare a fare il pane in casa, i dolci o per raccogliere suggerimenti circa i piatti da preparare. Nel mio ristorante ho voluto anche una cuoca crudista, per coloro che non mangiano cibi cotti”.

Ci puoi fare qualche esempio pratico? A occhi inesperti potrebbe sembrare tutto molto complicato…

“Un piatto misto crudo-cotto potrebbe contenere un raviolo di rapa rossa con del fermentino fresco, ovvero – in termini più semplici – una barbabietola rossa con del formaggio realizzato tramite frutta secca fermentata e poi speziata, il tutto condito con menta, aneto ed erba cipollina. Oppure, una pizza crudista che sta avendo molto successo si costituisce di una sorta di cracker ai semi di lino, semi di chia ricchi di proprietà benefiche per la salute e infine verdure essiccate a 42 gradi, con sopra del formaggio di anacardi con pomodoro e rucola. In Italia siamo gli unici a fare una cucina vegana, biologica, crudista e senza glutine; ormai si cominciano a trovare tutti i prodotti in commercio facilmente, ma all’inizio è stato davvero difficile perché mancavano le materie prime sul mercato”.

Un’ultima domanda, la più importante: perché secondo te la filosofia vegana dovrebbe diventare universale? 

“Perché l’essere umano rispetto a un bovino si nutre e beve acqua per un quantitativo pari a 15 volte in meno: ciò significa che chi non mangia gli animali e i loro derivati risparmia moltissime risorse, rendendo così il livello alimentare mondiale più sostenibile. Personalmente sono arrivata a questa scelta perché ho messo in discussione tutto quello che avevo fatto fino a quel momento nella mia vita, come pure le mie credenze: diventare vegani vuol dire modificare il proprio modo di pensare, fare un totale Reset e cercare di ripartire da zero. Solo in questo modo è possibile aumentare la sensibilità umana nei confronti del resto del mondo”.

Chiara Giacobelli

Info: www.bioveggy.it.  

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Tags:
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