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Costume
Violenza sulle donne? Per tutelarle si crei lavoro, per renderle autonome
Il 25 Novembre è la giornata dedicata alla violenza sulle donne, mi piacerebbe ribattezzarla " contro" la violenza, per iniziare a chiamare le cose con il nome più adatto. Vìolare, oltraggiare, stuprare un essere umano, non solo la donna, è tra le lesioni dei diritti umani, quello più diffuso al mondo. Comprende, come ovvio ma non scontato, anche quella psicologica ed economica, cosa non di poco conto quest'ultima.
 
Da qualche tempo a questa parte si è visto questo fenomeno crescere a dismisura, e sempre più al centro del dibattito pubblico. E il perché è presto detto: in un'epoca che si professa moderna e  civilizzata come la nostra, si evidenzia sempre più esponenziale l'aggressività umana, in ogni sua forma possibile. Da quella verbale, e basti dare uno sguardo ai social, a quella fisica. 
 
I rapporti cosiddetti civili, che siano tra persone dello stesso sesso o no,  sembrano essere sempre più difficili. 
I dati recenti ci dicono che Italia e nel mondo subisce violenza, mediamente, una donna su 3. Può accadere ovunque: dentro le mura domestiche, sul posto di lavoro, per strada. L'esempio è il dato del 53% di donne, in tutta l'Unione Europea, che afferma di evitare determinati luoghi o situazioni per paura di essere aggredita, anche se sono spesso proprio i partner, o ex partner. a commettere gli atti più gravi: in Italia sono infatti responsabili del 62,7% degli stupri.
 
Ecco che la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, diventa una data importante, che non dovrebbe limitarsi a vivere nello spazio di una sola giornata, beninteso, ma utile per ricordare a tutti che il rispetto è alla base di ogni rapporto umano. Ma cosa si può realmente fare perchè questa non sia la battaglia di un solo giorno? Serve educare al rispetto della persona e dei diritti, contrastare gli stereotipi di genere, che sono, ahimè, alla base di una visione scorretta di donne e uomini della società, serve maggiore sostegno ed autonomia alle donne perchè possano sentirsi più serene nell'affrontare scelte importanti e talvolta necessarie per la propria incolumità.
 
Si parla di violenza, non di molestia, cosa leggermente diversa. Ultimamente i casi di " molestia" sono stati alla ribalta mediatica, non dobbiamo pensare che siano accettabili, sarebbe un errore grave perchè talvolta ( ma non sempre) sono atti di vera preparazione all'aggressione. Però, e c'è un distinguo, a differenza dell'atto violento, il venir molestate permette di potersi difendere in diverse maniere.
 
Si parla spesso di far uscire le donne offese dall'ombra del silenzio, e portarle per mano sino alla denuncia del fatto, perché sono ancora pochissime le donne che lo fanno, e ancora meno poi i casi che arrivano a sentenza. Il perchè è facilmente immaginabile: deporre in tribunale è subire nuovamente la violenza, ripercorrerla in ogni secondo, riviverla sulla propria pelle e nell'anima. Ed è per questo, oltre alla paura delle conseguenze, personali e familiari, che in tante desistono e cercano di girare l'angolo e dimenticare. Cosa che mai avverrà se non supportare da professionisti competenti, ed affiancati da uno Stato che sappia garantire tutele e aiuti concreti. Per non parlare dei figli, vittime due volte. La prima perchè, nel caso più grave, perdono la propria mamma, o comunque ne subiscono il dolore della violenza subita, e secondo perchè perdono pure il padre, che finisce dietro le sbarre. 
 
Quando va bene finiscono in Istituto, e d'improvviso si trovano sbalzati in una realtà sconosciuta e diversa. Come pensate possano crescere questi bambini, gli adulti di domani? 
 
L'ultimo studio ufficiale risale al 2014: è una ricerca dell'Istituto di Statistica italiano, l'Istat, e le stime sono terribili. Dai risultati è emerso che "6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri" e ancora "Le donne subiscono anche molte minacce (12,3%). Spesso sono spintonate o strattonate (11,5%), sono oggetto di schiaffi, calci, pugni e morsi (7,3%). Altre volte sono colpite con oggetti che possono fare male (6,1%).
 
I dati parlano chiaro,  la violenza contro le donne non è soltanto lo stupro consumato. Quello è sì un reato, ed anche molto grave, ma non è l'unica forma di violenza, e lo afferma l'associazione "Noi No, uomini contro le violenze"  in tre parole: "Minacciare, Umiliare, Picchiare": "La violenza di genere non è solo l'aggressione fisica di un uomo contro una donna, ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, violenze sessuali, persecuzioni. Compiute da un uomo contro una donna in quanto donna. A volte sfocia nella sua forma più estrema, il femminicidio". E fa piacere, in un certo senso, leggerlo da associazione di uomini. 
 
Altra importante considerazione da fare è quella legata allo "stereotipo" del violentatore. Smettiamola una buona volta di identificare come tali gli extracomunitari od i ragazzi sbandati delle periferie, i tossicodipendenti, o personaggi comunque al limite della società.
 
No: questi sono stereotipi sbagliati e pericolosi. Non dico con ciò che non vi siano violenti in queste categorie di persone, perchè vi sono, tra l'altro culture diverse ammettono la sudditanza di genere, altro che l'emancipazione! Ma con ciò non sono da identificare come unici soggetti predisposti alla violenza, sarebbe un grande errore che svierebbe l'attenzione ad altro. 
 
I dati dimostrano che i casi di violenza fra coppie che provengono da culture e paesi diversi dal nostro sono largamente minoritari (forse perchè non dichiarati) e che "la prima causa di morte e di invalità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni in Occidente e nel mondo è la violenza subita da familiari o conoscenti"; una ricerca Eures-Ansa  ha rivelato che le violenze familiari sono la prima causa di morte nel nostro paese e le donne sono le vittime nel 70,7% dei casi": per sottolineare ulteriormente, il punto è che le donne morte nel 2016 sono state uccise principalmente da mariti, fidanzati, partner ed ex partner, nella maggior parte dei casi italianissimi. 
 
Per non parlare, poi, dei tanti, piccoli e quotidiani esempi di violenza quotidiana. E parlo di donne a cui viene limitata anche la possibilità di vivere la propria vita in libertà, che addirittura non possono uscire a causa del marito o del compagno che glielo impedisce. Obbligo a doversi vestire in un certo modo, o non potersi addirittura truccare perchè è sbagliato, perchè ancora oggi, per qualcuno, denota uno stile non proprio moralmente consono. 
 
Secondo Giulia Bongiorno, famoso avvocato che assieme a Michelle Hunzicker,  ha fondato una delle più combattive associazioni italiane per la repressione della violenza, molte donne arrivano persino a convincersi che i maltrattamenti siano semplicemente parte della propria vita di coppia. E quindi, normali da subire. Abbiamo già parlato, nella parte iniziale, del perchè di questo aumento esponenziale della violenza. Cerchiamo di scendere nello specifico. Oggi più che mai, date le condizioni economiche del Paese, dell'economia che stenta a riprendere, e del lavoro che manca, ciò che spesso si prova è sentimento di frustrazione. E pensate a ciò che può provocare nell'animo maschile, da sempre detentore culturalmente dell'immagine di forza e sicurezza, autonomia e risorsa della famiglia. 
 
Frustrazione, non realizzazione personale dell'uomo, difficoltà sul lavoro o nella vita, insoddisfazione, sono solamente le motivazioni superficiali di questi eventi. Più in profondità si può trovare la diversità di vedute, il mancato riconoscimento dell'identità delle donne e del fatto che esse abbiano, al pari degli uomini, il diritto di realizzarsi e di decidere ciò che è meglio per loro stesse. Da qui, la rivalsa. Si tratta di educazione, e sta alla famiglia cercare il più possibile di fornire strumenti idonei e senza stereotipi inutili, ai propri figli. E non si tratta di permettere di giocare con le bambole ai bambini e con le macchinine alle bambine, ma con il comportando all'interno della propria realtà quotidiana, dimostrare ed insegnare che il rispetto della diversità viene prima di tutto. 
 
Quanto detto sopra non giustifica, ma rende più chiaro il perchè del fenomeno in aumento. Da una parte si investe nei Centri antiviolenza, si elargiscono fondi, si fanno decine di convegni sul tema, tutti sicuramente necessari ed importantissimi, ma dall'altra non si assicura "certezze" del futuro. Non si forniscono misure reali di inclusione al lavoro, sostegno continuo, ascolto e supporto psicologico. 
 
Tutela alla violenza è creare prima di tutto lavoro, permettere autonomia femminile e maschile, in egual misura. Niente differenze salariali, niente picchetti d'ingresso di genere, niente limitazioni alla maternità, ma ( magari) anche pensare a sgravi fiscali per chi assume donne giovani tanto da permettere loro vita dignitosa e poter desiderare di metter su famiglia, come si usa dire. 
 
Si sbandiera tanto, anche dal mondo politico, la lotta alla parità di genere come segno di rispetto ed eguaglianza, e poi, ancora oggi, si vede ammesso nelle liste elettorali"solo" il 40% della rappresentanza femminile. Il Quarantapercento! Non il Cinquanta. E zitte.
 
 Perchè? Non è " grazia ricevuta" questa. E' un diritto ad essere rappresentate in quota eguale al maschio, ma la si vede ancora come conquista, non come cosa normale. Questo è il punto. Allora ecco che partendo da qui, dal non dover chiedere, dal venire considerata davvero lo stesso essere umano degno di rispetto, che inizia il cambiamento. Quello vero e non demagogico.
 
Ricordo Luciana Litizzetto, che dal palco di Sanremo disse che "Un uomo che ci picchia non ci ama, o quantomeno ci ama male. Un uomo che ci picchia è uno stronzo, sempre, e dobbiamo capirlo al primo schiaffo".
 
Con questo vorrei chiudere, ed è ciò che direi ad ogni ragazza, o donna che esternasse perplessità su atteggiamenti non proprio amorevoli. Chi vi ama, non vi picchia, neppure con un fiore. Non permettetelo mai. 
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