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LinkedIn, i 10 errori da non fare

Dalle foto profilo sbagliate ad un utilizzo che assomiglia troppo a quello di Facebook, gli errori che i candidati compiono utilizzando LinkedIn sono numerosi e ALI S.p.A., nata nel 1997 come Agenzia per il Lavoro e oggi società italiana di consulenza e servizi attiva in ogni campo delle Risorse Umane, ha individuato i dieci più commessi, da evitare per sfruttare al meglio le potenzialità offerte dalla piattaforma.

L’errore in coda alla top 10 dei dieci più commessi su LinkedIn è il non inserire i giusti dettagli nella sezione delle informazioni, come il settore di appartenenza, funzione aziendale, localizzazione geografica, tra i filtri più utilizzati dai recruiter. Non inserirli o non aggiornarli esclude i candidati da molte ricerche, e una localizzazione troppo generica riduce di molto la capacità di comparire in ricerche territoriali.

Al nono posto sbaglia chi non include la descrizione delle attività svolte e le responsabilità nel campo delle esperienze. Lo stesso ruolo, infatti, ha diverse denominazioni a seconda dell’azienda in cui si lavora. Inserire solo il job title può essere poco significativo, meglio invece descrivere nell’apposito campo attività, progetti svolti, responsabilità, risultati ottenuti.

Segue l’inserire informazioni discordanti rispetto a quelle riportate nel CV. Ciò che viene riportato nel campo “esperienze” deve essere coerente con ciò che poi il recruiter troverà nel CV.

Non scrivere un riassunto è un altro errore che riduce l’efficacia del profilo LinkedIn. Raccontare una breve storia (in meno di 15 righe) che vada oltre le esperienze riportate sul profilo e in cui parlare di sé e dei propri obiettivi professionali aiuta i recruiter a farsi un’idea più completa del candidato.

Al sesto posto c’è il non chiedere e non rilasciare referenze a colleghi, superiori e clienti. Questo preclude la possibilità di dare credibilità al profilo e farsi riconoscere per i propri punti di forza. Per ottenerle si può iniziare rilasciandone a persone più vicine o stimate professionalmente.

A metà classifica, un altro errore commesso spesso su LinkedIn è quello dovuto alla fretta di presentare subito la propria candidatura non appena si entra in contatto con qualcuno. Prima di proporsi, è meglio creare una relazione con la persona che si contatta, cercando di capire con qualche domanda il motivo del contatto e se ci siano opportunità in linea con il proprio profilo.

Avere una rete di contatti troppo ristretta è il quarto errore individuato da ALI. Su LinkedIn una rete troppo ristretta rende un candidato difficilmente raggiungibile dai recruiter. È importante quindi individuare e connettersi con un target di profili con cui si abbiano interessi professionali in comune e interessati ai contenuti da proporre.

Al gradino più basso del podio l’utilizzo di LinkedIn solo come vetrina del proprio CV. Utilizzare il social passivamente non lo distingue dai classici canali di reclutamento. Ciò che aumenta in modo sostanziale la propria visibilità è l’uso attivo: partecipare alle discussioni nei gruppi riguardanti il contesto professionale di interesse, commentare e condividere post altrui e pubblicare almeno due post a settimana.

Al secondo posto, un errore che può costare molto è sbagliare la scelta della fotografia. LinkedIn è innanzitutto una vetrina professionale. Avere una foto permette di rendersi immediatamente riconoscibili. Deve però essere professionale, con il proprio viso in primo piano e sorridente. Da evitare foto che non riguardino il proprio contesto professionale, con gli occhiali da sole, i selfie, le foto di gruppo.

Infine al primo posto, utilizzare LinkedIn come fosse Facebook. I due social network hanno caratteristiche, pubblici e scopi completamente diversi. LinkedIn permette di far conoscere e riconoscere la propria sfera personale, quindi i contenuti condivisi devono rimanere attinenti a questo aspetto. 

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