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Costume
Simone Pollastri, il videomaker del fashion: "La moda vuole raccontare storie"

Oggi il mondo del fashion è in continua evoluzione. Nuove tendenze, nuovi strumenti di comunicazione e nuovi contenuti. Le case di moda corrono, così come i gusti del pubblico. E cos'è la moda se non seguire il cambiamento, le tendenze e adeguarsi ad un'esigenza estetica in rapida evoluzione cercando di non snaturarsi? Simone Pollastri, modello, fotografo, videomaker, classe '98, conosce molto bene il cambiamento in atto e, grazie ad una maturazione professionale che lo ha portato a giostrarsi davanti e dietro la macchina da presa, è un unicum nel panorama fashion odierno. 
Ventun'anni e già le idee molto chiare: dire dei no oggi diventa più importante che dire dei si. Secondo questa mission ad oggi sta prendendo parte solo a progetti che lo rappresentano e che gli danno la possibilità di investire il proprio lavoro sul contenuto, sulla storia, facendo proprie le aspirazioni di brand importanti. Numerose le collaborazioni con case di moda come Dolce & Gabbana, Guess, Vans e tanti altri.

Affaritaliani.it ha avuto modo di scambiare due chiacchiere con lui entrando un po' più da vicino in quello che sta diventando un nuovo modo di pensare e vedere la moda.

Modello, videomaker, fotografo. Spesso sei dietro la camera da presa, ma quando sei tu il soggetto come cambia il tuo approccio, ti viene naturale?

Mi piace il lavoro che faccio, trovo passione in ciò che chiamo il mio lavoro e mi ritengo fortunato di poter avere una professione che mi faccia sentire appagato. Io sono un videomaker o meglio director, preferisco stare dietro le telecamere e poter dar vita ad un progetto al quale ho lavorato giorno e notte, prima ideandolo e poi realizzandolo facendogli prendere forma. Ad oggi mi vedo così, come dice la mia bio su Instagram: “both sides of the camera”. Quando sono davanti alla telecamera tutto cambia. È una sensazione diversa. Mi piace trovarmi ad interagire con la camera. Cerco comunque di mantenere sempre il mio stile solare e spontaneo, privilegiando la naturalezza. Mi piace l’autenticità. Con il tempo sono diventanto confident anche quando non mi trovo dietro la camera da presa. Mi aiuta a capire cosa il modello prova quando sta lì e posso quindi relazionarmi meglio anche con i modelli sul set durante le mie produzioni. È tutto collegato.

La moda si sta evolvendo e così anche la comunicazione legata ad essa. Nelle numerose campagne pubblicitarie a cui hai preso parte cosa è cambiato rispetto a un tempo e cosa viene richiesto ad un videomaker come te?

Tutto cambia. Nella moda il cambiamento è repentino, diventa necessità, si è costantemente alla ricerca del nuovo, della novità quasi come un’ossessione. Bisogna sapersi evolvere al passo con i tempi scanditi dalla moda. Rispetto a prima è cambiato il modo di comunicare una campagna, è cambiata la scelta stessa dei talent: un tempo si cercava un modello in grado di posare, oggi si cerca un talent con una storia dietro da raccontare che in quell’occasione si trasforma e diventa modella o modello, ma che si occupi di altro e lo racconti attraverso la sua storia in una chiave moderna. Così è stato per la mia campagna di Vans a cui ho preso parte. 

Come cambia il tuo lavoro a seconda dei brand che richiedono il tuo servizio e quanta libertà hai nel gestire il processo creativo?

Dipende sempre da progetto a progetto. Quello che ho imparato sulla mia pelle grazie all’esperienza e al tempo è che in ogni progetto se non c’è tutto te stesso allora non ha senso farlo. Ci sono progetti e clienti che mi richiedono come influencer per comunicare alla gente che mi segue un loro prodotto o servizio, ci sono aziende e clienti che invece mi contattano per la realizzazione di una campagna, per comunicare una storia e li incomincia lo stimolo. La creatività fa parte di me che sia una collaborazione o la realizzazione di una campagna io cerco sempre di metterci del mio perché altrimenti per me serebbe solo tempo sprecato. Con il tempo ho imparato a dire dei gran no e ad oggi sto prendendo a carico progetti in cui ho il 100% di libertà di poter fare e proporre quello che mi passa per la testa. In questo modo tra il cliente e me si instaura un rapporto di fiducia e mi affeziono subito al progetto cercando di farlo crescere nella maniera più spontanea possibile ascoltando la mia creatività. Ciò che amo è poter metterci me stesso alla base di tutto: dallo sviluppo dell’idea creativa alla proposta delle diverse scelte stilistiche e di fotografia. Tutto  ciò viene combinato insieme e mi rappresenta. Proprio questo è il bello.

Quale campagna ti ha dato maggiore soddisfazione ad oggi e quali sono le ambizioni per il tuo futuro?

Nonostante abbia preso parte a campagne di brand molto importanti quali Dolce & Gabbana, Guess, Superga, LiuJo, Ermanno Scervino, Zalando e molte altre, quella che mi sono sempre sentito più a cuore per una questione di immagine è stata la campagna di Vans girata a Londra. Un'esperienza che porto nel cuore. C’era una storia dietro, raccontavo di me, della mia vita, di quello che faccio. Ho cercato di portare al pubblico il vero Simone, introducendo la mia professione di videomaker e di cosa vado in cerca io quando viaggio per continuare ad alimentare la mia creatività. È stato stupendo. Per me, un po' surfista e skater, è stato un sogno visto e realizzato quel giorno e non mi sembrava vero. E' stato stupendo e poter esserne il protagonista raccontandomi, beh... non ha prezzo.

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