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Costume
Social eating, agli italiani piace invitare sconosciuti a cena
Una scena di "Saturno contro" di Ferzan Ozpetek

In un solo anno l'Italia si è piazzata al secondo posto su 65 Paesi per numero di "social eaters": diecimila persone su un totale di 60mila utenti nel mondo. Siamo secondi solo alla Francia, che conta 20mila iscritti. Terza la Spagna a quota 9mila. Sono questi i numeri di VizEat, social network nato in Francia nel 2014 e approdato in Italia nel febbraio 2015. E' una piattaforma di social eating, una delle principali in Europa, che permette di organizzare eventi culinari a casa propria e di partecipare agli eventi proposti da altri membri della community. Le cene non sono gratuite, ma ogni volta c'è l'indicazione del prezzo e del menù. VizEat connette i viaggiatori con gli host locali offrendo ai primi la possibilità di sedersi a tavola e conoscere una destinazione attraverso i consigli di persone del luogo e ai secondi l'opportunità di incontrare persone di tutto il mondo rimanendo a casa propria. In Italia è presente nelle principali città come Milano, Roma, Firenze, Venezia e Napoli. Affaritaliani.it ne ha parlato con la country manager Ester Giacomoni. 

In soli 12 mesi l'Italia si è guadagnata il secondo posto. Merito anche di Expo?

"Prima del lancio avevmo fatto uno studio di mercato e le premesse erano decisamente buone. Il 70% degli intervistati aveva dichiarato la propria volontà di invitare a casa sua altre persone per un evento di social eating. C'è quindi una propensione naturale degli italiani alla socialità, molto più spiccata rispetto ad altri Paesi dove è stato condotto lo stesso sondaggio. Poi sicuramente anche il fattore Expo ha contato. E' stato un anno centrale per la cultura del cibo, che si è intrecciata ad altri valori come l'accoglienza e l'ospitalità".

Chi sono gli iscritti italiani?

"In Italia c'è una prevalenza di donne, la maggior parte di età compresa tra 35 e 45 anni. Inoltre, soprattutto nelle città, l'età media tende a essere più giovane che nel resto del mondo: ci sono numerosi iscritti anche nella fascia tra i 25 e i 35 anni. Una generazione più abituata, forse, a parlare le lingue e socializzare con gli stranieri".

Quanto VizEat si rivolge anche a italiani che vogliono conoscere altri italiani?

"L'idea da cui è nato VizEat è l'interazione tra viaggiatori stranieri e abitanti del Paese. Questa rimane l'anima principale del social network. Poi c'è anche la seconda anima, ovvero la socializzazione tra persone del posto. Notiamo però che in questo caso piacciono di più le cene-evento, che prevedono un po' di animazione, pur rimandendo all'interno di case private. Per esempio, ci sono host che offrono corsi di cucina, spettacoli teatrali, feste in maschera nel caso di Carnevale. Se gli stranieri puntano soprattutto a sperimentare la cucina locale e conoscere la cultura del posto, gli italiani cercano qualcosa di diverso e divertente".

Come garantite la qualità e la sicurezza del servizio?

"Ci sono tre step di verifica. Al momento dell'iscrizione controlliamo l'host con un'intervista telefonica e un'analisi del suo profilo. Poi la cifra richiesta dagli host, considerata come una partecipazione ai costi per l'organizzazione dell'evento, viene pagata direttamente dall'ospite sul sito di VizEat, che invia l'incasso via carta di credito il giorno successivo all'evento. Tutti i padroni di casa e gli ospiti sono coperti da un'assicurazione che copre eventuali danni fino a 100.000 euro".

In Italia si discute molto della differenza tra social eating e home restaurant, una formula che non piace a molti ristoratori.

"VizEat è una forma di social eating, perché per i nostri host la motivazione principale è quella di conoscere persone nuove, non quella di allestire un ristorante in casa come avviene per l'home restaurant. L'host punta a un momento di condivisione e scambio culturale. Per garantire ulteriormente questa visione, VizEat ha stabilito dei limiti anche dal punto di vista economico: la nostra proposta è di limitare il guadagno a 5mila euro all'anno. Se ne sta discutendo in Francia e a breve anche l'Italia varerà una nuova legge per regolamentare la sharing economy. In ogni caso, il social eating non fa concorrenza sleale alla ristorazione tradizionale, anzi. Sono due esperienze complementari. Un turista che visita Roma per qualche giorno, per esempio, tende comunque ad andare al ristorante per assaggiare la cucina locale e poi integra il viaggio con un evento di social eating per entrare più a diretto contatto con gli abitanti del posto".

Progetti futuri?

"Il mese prossimo lanceremo l'app così sarà ancora più immediato prenotare un pranzo o una cena. Inoltre, vogliamo rafforzare la nostra presenza in alcune città italiane tra cui Napoli e Torino".

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