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Cronache
A Trento il rettore sarà chiamato "rettrice". L’ultima dall’ideologia woke

Altro che mondo alla rovescia del generale Vannacci

Ormai non ci si meraviglia più di niente e sembra che la società faccia a gara, ogni giorno, a chi la spara più grossa, in preda alla tarantola dell’esibizionismo. L’ultima viene dall’Università di Trento, dove studiò alla facoltà di sociologia Renato Curcio, il capo delle Br. Il mondo universitario è in subbuglio e spera in un nuovo ’68, magari ancor peggiore del primo che già fu l’antesignano degli anni di piombo e la “prova generale della distruzione del mondo” (cit. Nanni Moretti).

Non bastavano dunque gli atenei sensibili al Ramadan, o la stessa Normale di Pisa che si è messa a fare politica con una mozione pro Hamas; ora il rettore di Trento, Flavio Deflorian, con il consenso dell’intero cda ha deciso di rifare l’intero regolamento universitario utilizzando il cosiddetto femminile sovraesteso, cioè usando tutti i termini al femminile, tipo “rettrice” anche se immaginiamo dal nome –ma di questi tempi non si può essere sicuri di niente- sia maschio. Dunque da ora dovremmo chiamare il professor Deflorian “rettrice” dell’Università di Trento e anche “professoressa”. Roba da mandare in sollucchero la Boldrini e a pensare ai guai fatti da quel birbaccione di Franco Basaglia.

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La rettrice Deflorian dunque, prima di Pasqua, mette mano alla “calamaia” e scrive in una “comunicata” sconvolgente: “Nella seduta di oggi il Consiglio di amministrazione dell’Università di Trento ha varato il Regolamento generale di Ateneo, documento quadro che mette in atto e dettaglia quanto previsto dallo Statuto di Ateneo, recentemente aggiornato. Un documento importante per la vita dell’Ateneo e per tanti atti che a esso si richiamano, perché disciplina la costituzione, le modalità di elezione e il funzionamento degli organi di Ateneo, oltre a dettare le disposizioni generali relative all’organizzazione delle strutture accademiche e alla gestione dei beni dell’Università di Trento.

Novità di questa ultima versione è però che per la prima volta sarà redatta adottando nella sua formulazione il ‘femminile sovraesteso’. La sua peculiarità viene ribadita proprio nell’incipit con l’introduzione di un apposito comma: “I termini femminili usati in questo testo si riferiscono a tutte le persone” (Titolo1, art. 1, comma 5). Una scelta che ha una valenza fortemente simbolica e che segue altre decisioni in questo senso intraprese dall’Ateneo a partire dal 2017 con l’approvazione del vademecum “Per un uso del linguaggio rispettoso delle differenze”.

Il rettore (?) Flavio Deflorian tenta di spiegare: «Nella stesura del nuovo Regolamento abbiamo notato che accordarsi alle linee guida sul linguaggio rispettoso avrebbe appesantito molto tutto il documento. In vari passaggi infatti si sarebbe dovuto specificare i termini sia al femminile, sia al maschile. Così, per rendere tutto più fluido e per facilitare la fase di confronto interno, i nostri uffici amministrativi hanno deciso di lavorare a una bozza declinata su un unico genere. Hanno scelto quello femminile, anche per mantenere all’attenzione degli organi di governo la questione. Leggere il documento mi ha colpito. Come uomo mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali. Così ho proposto di dare, almeno in questo importante documento, un segnale di discontinuità. Una decisione che è stata accolta senza obiezioni». E ancora:“La presidente, la rettrice, la segretaria, le componenti del Nucleo di valutazione, la direttrice del Sistema bibliotecario di Ateneo, le professoresse, la candidata, la decana…Termini come questi sono dunque citati e ripetuti più volte in riferimento a tutte le persone a prescindere dal genere, nelle quasi cinquanta pagine che compongono il nuovo Regolamento di Ateneo che, dopo alcuni passaggi formali, sarà emanato, trasmesso alle strutture e pubblicato sul sito di Ateneo, dove sarà liberamente consultabile”.

Dunque da ora all’Università di Trento i professori si chiameranno tutti “professoresse” e gli studenti tutti “studentesse”, il livello più basso mai raggiunto da un’università italiana. L’ideologia woke dilaga anche da noi dopo aver prodotto danni mondiali facendo il paio con la cancel culture, che vorrebbe riscrivere la Storia. Anche questa stramberia viene naturalmente dall’America. Il Principe azzurro avrebbe risvegliato baciandola la bella addormentata nel bosco senza il suo consenso, e poi ci si chiede perché Shakespeare abbia raccontato di una Giulietta bianca invece che di colore nella Verona del 1300. Cristoforo Colombo è considerato nel mondo anglosassone un pericoloso criminale perché scoprendo l’America ha messo a rischio i nativi e le sue statue sono abbattute. In Europa e in Italia la situazione è leggermente migliore ma stiamo avvicinandoci a grandi passi verso i maestri di pazzia americani ed inglesi. Un pensiero per il libro del generale Vannacci che dopo le ultime vicissitudini linguistiche si mostra più come un testo per educande che un pamphlet rivoluzionario.

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