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Cronache
Agricoltura in crisi, tre milioni di ettari di terra incolti: inchiesta Affari

Un terzo dei terreni coltivabili è abbandonato. Prodotti esteri che valgono la metà e competono con gli italiani

“L’agricoltura ormai è un’attività per ricchi”, racconta ad Affaritaliani Michele Ferrante, enciclopedia vivente della tradizione cilentana che a Controne (Salerno), ai piedi dei monti Alburni, coltiva con i ritmi naturali fagioli, ceci, cicerchie, peperoncini che vende in tutto il mondo.

Gli fa eco Antonino Mennella, produttore con l’azienda Madonna dell’Olivo di Serre di un olio extravergine d’oliva così pregiato da essere rinomato a livello internazionale: “Fare il produttore agricolo è diventato iper costoso, bisogna avere tanto denaro da parte. E’ solo la passione che ci spinge ad andare avanti perché molte volte ci chiediamo il senso di tutto questo. Manca la materia prima, i costi sono pazzeschi, i produttori abbandonano e non ci sono strategie che sostengano davvero il settore”.

Dopo le proteste in Germania, Olanda, Gran Bretagna, Spagna, Polonia, Ungheria, Romania, Belgio, Francia (Parigi è in questo momento isolata), la rabbia arriva anche nelle strade italiane. In Francia ogni 2 giorni un contadino si toglie la vita. Il rincaro delle materie prime negli altri Paesi come in Italia, la perdita delle produzioni, i costi alle stelle di tecnologie ed energia stanno mettendo in ginocchio il settore. 

E’ successo 10 giorni fa in Sicilia e la protesta, in queste ore, sta divampando in tutte le regioni. A Orte, in provincia di Viterbo, hanno provato a bloccare la circolazione del casello autostradale. Proteste anche nel catanzarese e nel crotonese, tra Botricello e Cropani Marina, sulla strada statale 106. Più di 400 trattori sono sbucati dalla statale 16 di Foggia-San Severo invadendo il capoluogo. 120 trattori provenienti da tutto il Molise hanno invaso le strade principali di Termoli (Campobasso).

Una bara, simbolo del Made in Italy, è stata al centro delle manifestazioni nell’avellinese. Proteste nel casertano.

Un centinaio di trattori sono arrivati fino al casello autostradale dell'A16 Napoli-Canosa. Stessa musica a Cuneo. Una settantina di trattori sono giunti ad Udine, così in Abruzzo, in Umbria. Alcune decine di mezzi agricoli sono partiti da Russi e sbucati a Ravenna al motto: “No farmers, no future, no food (Niente agricoltori, niente futuro, niente cibo)”. 

Per adesso le sigle sono tutte su scala regionale ma sulle chat si pianificano manifestazioni nazionali, per fare conoscere il disastro che sta colpendo le produzioni agricole, di chi si alza tutte le mattine alle 4 ma si trova con spese e costi più alti dei ricavi, complice anche la Gdo che alla lunga le stritola. È un modello non adatto all’aumento sistematico dell’inflazione che sta accentuando processi già in atto: l’abbandono delle coltivazioni, la fine del ricambio generazionale, aziende che diventano preda dello shopping di fondi e soggetti interessati principalmente al business e basta.

I costi delle materie prime andati alle stelle, come i concimi, la deregulation dovuta agli accordi del commercio mondiale  (W.T.O.,  CETA,  TRATTATO DI MAASTRICHT, eccetera) nel tempo hanno messo all'angolo un mondo. Grazie alle politiche UE i prodotti esteri che valgono forse la metà di quelli italiani bruciano il mercato nazionale.

L’ambientalismo di facciata dell’UE che impone solo restrizioni e balzelli green (hanno rinnovato l’uso di pesticidi in agricoltura, così come il glifosato), la mancanza di tutele soprattutto per chi produce qualità, accordi che non proteggono le filiere nazionali ma quelle extranazionali vanno tutti a vantaggio di holding, magnati del settore, multinazionali e del loro cibo scadente. Tra tasse, imposizioni fiscali e costi di produzione il settore è alle strette anche per gli eventi climatici negativi del 2023 che hanno accentuato il quadro.

Un dato su tutti: 3,7 milioni di ettari di superficie agricola italiana è abbondanato, un terzo dei terreni coltivabili è lasciato all’inedia. In dieci anni in Europa sono sparite 2,5 milioni di aziende con la perdita di oltre 7 milioni di ettari coltivabili. Non conviene lavorare nel settore e così anche la materia prima scarseggia. 

Il movimento ha anche una sigla nazionale CRA, acronimo di Comitati Riuniti Agricoli. Nell'appello del CRA, "Agricoltori, dal 22 gennaio in strada a oltranza!", si leggono i motivi della protesta tra il tradimento dei lavoratori a cura di istituzioni e sindacati: "Per la difesa dell'agricoltura e dei territori, martoriati dalle banche, offesi dalle importazioni, uccisi dallo Stato" e ancora: "per difendere tutto il mondo del lavoro e della piccola e media impresa, saccheggiato da una politica di incapaci e da politiche comunitarie vessatorie". 

Continua...

 

 

 

 

 

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