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Cronache
Alternanza scuola-lavoro, una "rivoluzionaria" escogitazione da "Gattopardo"

In questi giorni sui socials, sui media hanno suscitato un dibattito molto acceso, con punte talvolta davvero aspre e violente, le richieste avanzate dall'amministratore delegato di FINCANTIERI, Giuseppe Bono che, a fronte di un fabbisogno urgente di un numero elevato di lavoratori specialistici, la Scuola italiana non è assolutamente in grado di fornirli in tempi brevi, date le notorie carenze del sistema scolastico italiano che privilegia la teoria alla pratica utile, spendibile con immediatezza nel mercato del lavoro, sia interno che internazionale. Creando un disequilibrio tale, tra richieste effettive della domanda e deboli risposte delle offerte correnti, per cui il libero gioco del dare e dell'avere soffre talmente tanto che l'economia industriale italiana, e quella produttiva di distribuzione, connesse a loro volta, senza jati di sorta con il consumo, soffre in maniera incredibile. Ciò, in un ambito di inesorabile concorrenza, qual è quello odierno, in un mondo che corre veloce, spesse volte scientemente ignorando regole e sistemi elementari, e rimane paralizzato con grave nocumento delle attività economico-industriali complessive italiane.

A questa deficitaria organizzazione strutturale del paese-Italia, si è cercato di porre un qualche rimedio con l' ”invenzione”, da parte dei tecnici del Ministero della Pubblica Istruzione, dell'alternanza scuola-lavoro, contrabbandata come una novità assoluta, una rivoluzionaria escogitazione. Un efficace medicamento lenitivo, una delle “sempiterne pomate curative delle piaghe nazionali”, volendo usare il duttile linguaggio, proprio del romanzo “Il Gattopardo”, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896 – 1957).

L'Italia è fatta così! Viene contrabbandato per efficace ciò che palesemente risulta deleterio e, per fatto straordinario, tutto quello che possiede i tratti fisionomici dello stantìo, dell'obsoleto: in una parola soltanto, vecchio!

Si prenda come un discrimine, un punctum di riferimento, l'alternanza scuola-lavoro, divenuta ormai famigerata, che, ancora in questi giorni, suscita diatribe senza fine ma che, a parere di chi scrive, così come essa è stata impostata, risulta semplicemente essere una determinante perdita di tempo, una effettuale presa in giro temporeggiatrice, ai danni degli studenti stessi e dell'intera società italiana. A fronte, però, di un back-ground storico e culturale, attarverso i secoli, di grande impatto e di immediatezza tranchante. Che ha qualificato, nelle proprie declinazioni preziose, un intero ciclo pedagogico-matetico, e didattico, mai eguagliato nella storia dell'Occidente cristiano-cattolico e, altresì, positivamente laico.

Ora et labora: è stato il leit-motif che ha scandito, e ancora asseconda e accompagna, l'intero arco giornaliero dell'operosità contemplativa, sia pure ossimorica, dei monaci del patriarca Benedetto da Norcia.

Articolandosi in una sorta di sistema triadico, questa formula raggruma in sé interi mondi, molteplici pianeti pregni di religiosità e di organica ricchezza fattuale che depotenzia una certa impostazione critica dell'essenza umana, e, al medesimo tempo, anche religiosa, che viene in tal modo intesa come operativa-produttiva, e non parassitaria, connotativa, ahimè, dal canto suo, del monachesimo orientale. Che, nelle sembianze dei monaci stiliti, racchiude lo stigma che li ha denotati come figure fuori dalla realtà e caratterizzati dalla inutile posizione concettualistica, teorica nei confronti della divinità e dei suoi rapporti con il mondo creato.

A sua volta, Giuseppe Mazzini (1805 - 1872), sintetizza, in modo estremamente stringato, nel titolo del giornale da lui fondato durante il proprio soggiorno “obbligato” in Gran Bretagna, Pensiero ed Azione, la sua filosofia politica che si può raccordare, senza remora alcuna, al motto del monachesimo benedettino che tanta linfa ha infuso all'Italia ed all'Occidente intero, nel corso dei secoli della propria esistenza storica e spirituale, fino al momento odierno, come un luminescente faro che segna l'itinerario dei singoli e delle comunità.

Ora et laboraPensiero ed Azione: possono essere ritenute le stationes ineludibili alle quali la cultura deve anelare, abbeverandosi, se non intende perdersi nel pelago magmatico che tutto tende a travolgere e ad annientare. Due stationes che, come indefettibili colonne d'Ercole, stanno lì, con funzione orientativa, per chi ad esse intende guardare con spirito di servizio e intelligenza d'amore nelle dinamiche esistenziali dell'uomo contemporaneo.

Ma, lo spettro d'indagine non sarebbe concluso se non si guardasse, con le necessarie cautele, anche ad un controverso movimento politico, divenuto regime, che per poco più di vent'anni, ha “segnato” il limite delle libertà individuali e collettive cui ci si deve rivolgere. Ciò risulta essenziale, sempre accompagnandosi ad una estrema vigilanza, con immarcescibile prudenza, per tutto quello che ha costituito e rappresenta dopo settantacinque anni dalla sua dèbâcle netta, sia politica che militare: “libro e moschetto, fascista perfetto” recitava lo slogan che ne sintetizzava la “filosofia” di pensiero e di vita, che doveva informare di sé l'homo novus che avrebbe dovuto caratterizzare l'era diversa, cronologicamente duratura attraverso i millenni a venire. In cui, altresì, la seconda bipartizione dicotomica, d'acchito, fornisce una negativa impressione, un intendimento bellicoso ed aggressivo che, in sostanza, sta in modo semplice ad indicare, semanticamente, ciò che per i monaci di san Benedetto possiede la valenza del “labora” e per la dottrina politica del Mazzini, il lessema dell' ”azione”. Con in più, la facilitazione fornita dalla corrispondenza della rima per essere ritenuto, agevolmente a memoria: “moschetto”, “perfetto”; perchè le masse, non proprio approfonditamente acculturtate, potessero farne un uso, più avveritamente consapevole, sebbene in un modo sinteticamente meccanico del concetto che si doveva necessariamente trasmettere a tutti coloro che avevano l'inderogabile obbligo di doverne “usufruire”.

Qui, per tanto, il cerchio, in teoria, virtualente, si chiude. Con l'ineludibile riflessione conclusiva che scaturisce, naturaliter, dal testo biblico, nihil sub sole novi: l'alternanza scuola-lavoro può anche essere considerata nei termini di una novità nell'ambito dell'odierno ordinamento scolastico. La cui deriva, però, costituisce una pecca grave in quanto l'attuale scuola italiana deve mutuare ogni cosa dalla realtà in cui opera. Ciò, per la mancanza di un minimo comune denominatore serio, che vada, altresì, al di là di quanto sia strettamente necessario nella declinazione quotidiana dell'esistenza di ciascun cittadino. Questo scollamento, questa avulsione, sarà velleitario nasconderlo, viene data dalla totale assenza, alla base di ogni riforma dell'ordinamento degli studi, di un sistema filosofico organico, articolatamente compiuto, e della proiezione pedagogica essenziale di esso, tenendo, nel debito conto, la lezione magistrale impartita dal filosofo di Castelvetrano, Giovanni Gentile (1875 – 1944), con intendimento sagace e logica accorta, inserì nei programmi scolastici, la sua dottrina filosofica dell'attualismo. Che costituisce l'anima, il nerbo autentico che sorregge ogni sano e ambizioso processo educativo, è doveroso affermarlo, anche a costo di essere segnati a dito.

Perchè la società italiana possa tornare ad essere viva, vivace, competitiva in ogni sua sfaccettatura, in ogni espressione del sapere e, contestualemnte, dei saperi, non deve rimanere confinata nell'autoreferenzialità miope, tipica di una società asfittica e senza prospettiva alcuna, in un futuro gravido di promesse e ricco di frutti maturi e saporosi.

Se tutto ciò verrà compreso, l'avvenire sarà roseo, promettente. Altrimenti l'Italia sarà ulteriormente condannata alla deprivazione delle sue giovani forze, dei brains-trust vitali che le dovranno fornire quell'humus di cui urgentemente abbisogna per non agonizzare, ancora e una volta di più, nella palude putrida e stagnante che la soffoca e la incalza. Questo che viviamo non può più essere considerato il tempo della perenne attesa.È urgente intervenire, sì! Ma, è necessario farlo, con responsabilità sorvegliata e intelligente consapevolezza. Tertium non datur.

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