Asia Bibi e il suo avvocato
È sbarcato a Fiumicino un cittadino pakistano. Non è stato trattato molto bene dalla Polizia dell’aeroporto. Aveva con sé solo una bottiglietta d’acqua e un sacchetto con qualche indumento. I poliziotti hanno dubitato dei suoi documenti. Ma non era un immigrato clandestino. Era Saif ul-Malook, il difensore di Asia Bibi, che ha dovuto mettersi in salvo fuggendo da Lahore a seguito dalle minacce di morte degli estremisti per aver salvato la sua assistita dall’impiccagione.
Dall’Europa Saif ul-Malook continuerà pubblicamente la sua lotta per salvare definitivamente la sua assistita. Asia Bibi è stata assolta dopo nove anni di carcere e due condanne a morte nei precedenti giudizi, detenuta con il velo sul capo in un carcere del Pakistan, in condizioni che possiamo immaginare.
L’accusa nei suoi confronti, appartenente alla piccola minoranza cristiana, era quella di blasfemia per aver offeso il profeta bevendo, sì solo bevendo, dal secchio di una mussulmana. Per anni folle inferocite hanno chiesto la sua morte. Addirittura un governatore del Punjab che si era mosso in suo favore è stato assassinato da un fondamentalista.
Guido Salvini
Possiamo immaginare quanto sia stata coraggiosa la sua difesa da parte dell’avvocato, in una situazione che nulla ha a che vedere con le nostre aule e con i diritti cui siamo abituati e che consideriamo normali. In realtà la Corte Suprema non ha assolto Asia Bibi perché ha ritenuto che la blasfemia non sia un reato e un reato da punire con la pena di morte. L’ha assolta affermando che le prove contro di lei erano “contraddittorie”. In questo modo non è stato toccato uno dei principi fondanti dell’Islam quello per cui quella religione e i suoi simboli sono intoccabili, un principio su cui tutti gli islamici o quasi, “moderati” o estremisti che siano concordano.
Quindi l’arma in mano alla teocrazia non è stata, come alcuni pensano, in alcun modo disinnescata. È proprio la punizione della blasfemia, insieme al divieto di apostasia, a costituire il potere dell’Islam, quello che la rende una religione totalitaria e oppressiva in tutte le terre in cui si è diffusa. Il Pakistan è del resto una fucina del fascismo islamico più aggressivo. Benché nominalmente alleato degli USA dell’Occidente ha dato un grande contributo alla diffusione del fondamentalismo e non solo Asia Bibi ma tutti i cristiani e gli appartenenti alle altre minoranze sono quotidianamente perseguitati.
Quasi nessuno si è mosso per salvare la vita di Asia Bibi. Non si è mosso l’Onu, né la Commissione europea per i diritti umani, né le Ong, né il mondo islamico “moderato”, né il mondo progressista, nè le femministe e nemmeno le più importanti autorità politiche in Italia e all’estero.
È stato un silenzio indecente. Solo il sindaco di Parigi e pochi altri hanno organizzato iniziative pubbliche a suo favore Non sappiamo cosa abbia fatto il Vaticano ma se qualcosa ha fatto, lo speriamo, è intervenuto nel modo sotterraneo che è tipico del suo agire. Ancora si susseguono manifestazioni di piazza contro Asia, tuttora segregata e che non può lasciare il paese ove corre gravissimi pericoli. La battaglia per salvare la vita di Asia Bibi non è ancora finita. Bisogna impegnarsi perché ella possa uscire dal Pakistan. Attribuirle se necessario la cittadinanza italiana. Non bisogna dimenticarla, come troppi hanno fatto. E non dobbiamo dimenticare il suo coraggioso avvocato, uno dei migliori simboli di una professione che ha per suo compito anche la difesa in ogni luogo dei diritti umani.
Guido Salvini (magistrato)
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