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Cronache
Autotrasporto,Marciani (FLC): come far uscire la logistica dalle sabbie mobili

Marciani (FLC): come far uscire la logistica dalle sabbie mobili

“Delegificare e semplificare le procedure relative alla logistica con pochi provvedimenti chiari all’interno di un Testo Unico che possano essere rispettati ed ancor di più essere oggetto di continui controlli in maniera da addivenire il più possibile a regole certe e uniformi per il sospirato mercato unico europeo dei servizi di autotrasporto. 

A livello nazionale, predisporre provvedimenti che rendano contrastanti gli interessi dei diversi attori della catena del valore della logistica. Ad esempio, un testo chiaro sulla responsabilità solidale, sulle condizioni di applicabilità, sulle sanzioni da erogare in caso di infrazioni. Infine, ridurre l’evasione e l’elusione con l’applicazione del reverse charge dell’IVA che ha dato importanti risultati per gli appalti pubblici e legare i contributi al settore dell’autotrasporto alla domanda e non all’offerta, incentivando nel contempo i committenti ad avvalersi del franco destino come pratica”. Sono queste le proposte di Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council (FLC), associazione della logistica e dei trasporti, a commento della Relazione dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART).

“Dal prezioso studio di ART - dice ancora Marciani - emergono tre grandi aree che meritano attenzione dal regolatore pubblico che ha a cuore la trasparenza del settore, la sua legalità e la leale competizione necessari per dare un supporto valido all’industria italiana:

- Cabotaggio illegale - come derivata della franca fabbrica prevalente.

- Subvezione selvaggia - come conseguenza dell’assenza di sanzioni relative.

- Evasione/elusione fiscale ed amministrativa, come risposta alla richiesta di tariffe sempre più basse.

Il ruolo dell’Albo Autotrasporto dovrebbe essere quello di garantire la trasparenza del settore ma risulta depotenziato, senza personale in grado di svolgere le attività fondamentali, con una composizione che non corrisponde affatto agli interessi dell’autotrasporto se è vero come è vero che il modello di codice di pratica per garantire la correttezza e la trasparenza delle aziende non sembra applicato, i controlli sulle aziende che godono degli ingenti contributi pubblici latitano,  non c’è un monitoraggio puntuale dell’andamento del settore e i controlli su strada sono evidentemente carenti e non sufficienti a garantire la necessaria trasparenza.

Proprio il Freight Leaders Council aveva pubblicato nel lontano 2014 uno studio verticale e specifico sul settore dell’autotrasporto, che sembra quanto mai attuale a dimostrazione che in 10 anni nessuno ha fatto nulla in questo mercato per risolvere i suoi problemi endemici ora come allora”.

L’Albo Autotrasporto raccoglie circa 100.000 aziende di cui 40.000 sotto verifica da parte di RAM e Deloitte, verifica che ha dato già i primi risultati visto che su circa 21.000 controlli svolti solo il 10% sono risultate aziende attive.

Quindi se togliamo in linea di massima le 40.000 aziende sotto controllo (magari se ne salveranno 4.000), ritorniamo al dato sul comparto pubblicato da ISTAT ed inviato ad Eurostat e cioè circa 60.000 aziende attive.

“Un dato estremamente sorprendente emerge dall’indagine di ART: l’iscrizione all’Albo è (dovrebbe) essere riservata alle aziende che abbiano codice ATECO specifico (49.41) ma all’interno della banca dati accessibile tramite interrogazione pubblica ai committenti troviamo ben 350 codici ATECO diversi ed in particolare grandi aziende di produzione che sicuramente non hanno l’autotrasporto come attività prevalente (una per tutte, Galbani) e che in questo modo beneficiano dei contributi e dei sussidi riservati al settore non solo drenando risorse dedicate ma alterando in questo modo anche la concorrenza con altre aziende analoghe di produzione. In aggiunta, all’interno del database dell’Albo non è possibile selezionare le aziende – ad esempio – per la classe euro dei veicoli in possesso/disponibilità e quindi non si può operare una selezione sulla base della sostenibilità delle stesse, fattispecie assai speciosa in un momento storico in cui i temi ESG stanno diventando vincolanti per l’accesso al credito e per il rapporto con i clienti/cittadini.

Delle 60.000 aziende “reali”, ben 21.000 non hanno alcun mezzo ma di queste 8.000 risultano iscritte al REN, cosa evidentemente impossibile senza avere mezzi. Le 38.000 che hanno almeno un veicolo di massa superiore a 26 ton hanno una redditività media del 7-8 % (EBTDA margin) inversamente proporzionale all’aumentare del parco mezzi. Queste evidenze indicano un ricorso frequente a numeri subappalti (subvezioni) che non sarebbero consentiti ma per cui le norme non prevedono sanzioni, il che riduce la trasparenza e la redditività del settore. Cioè, si ricrea nell’autotrasporto la medesima catena negativa che ha caratterizzato in passato la pratica nefasta, successivamente strettamente regolata, dei subappalti nei lavori pubblici”. 

La debolezza della logistica italiana è un grave rischio per l’industria italiana e per il nostro export che “vale” il 30% del Pil. Basta pensare che l’88% delle merci che viaggia via terra è trasportato su strada (il 77% in Europa) e le nostre imprese sono spesso costrette a rivolgersi ad autotrasportatori stranieri ed extra Ue visto che solo 13 mila autotrasportatori nazionali sono in possesso di licenza comunitaria. E c’è il problema di garantire controlli piu efficaci. “In conclusione, per avere una partita regolare - afferma ancora Marciani - l’arbitro non può essere contemporaneamente anche un giocatore e per questo o il ruolo, l’autorevolezza e la composizione dell’Albo cambia, oppure ben venga l’intervento di un soggetto terzo come ART per portare questo settore fuori dalle sabbie mobili in cui si trova da troppo tempo”.

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