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Cronache
Brindisi, cani sbranarono un anziano. Identificati i proprietari col dna

BRINDISI: INDAGATI PROPRIETARI CANI CHE AZZANNARONO E UCCISERO UOMO E FERIRONO DONNA

Sono stati individuati e denunciati dai carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, i proprietari dei cani che ad aprile scorso azzannarono un uomo di 76 anni, causandone la morte, e il mese successivo provocarono il ferimento di una donna. Nei loro confronti è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari per omicidio colposo. Si tratta di un 19enne di Francavilla Fontana e di un 21enne residente a Crecchio (Chieti) e domiciliato a Manduria (Taranto). In particolare, a seguito dell'esame del Dna degli animali, i due sono risultati i proprietari e i custodi di due cani razza pitbull e di un meticcio, che avrebbero aggredito Vito Zaccaria, 76 anni, rinvenuto cadavere il 9 aprile, e ferito una donna di 75 anni, il 23 maggio. Il primo episodio accadde in contrada 'Capitolo' a Francavilla, all'interno di un fondo agricolo. Zaccaria si era allontanato a piedi dalla vicina abitazione durante il pomeriggio.

I rilievi, eseguiti dai carabinieri e dal medico legale incaricato, permisero di accertare segni di parziale sbranamento e morsi su varie parti del corpo ad opera di cani randagi o animali selvatici. La salma fu sequestrata e sottoposta ad autopsia. Sempre nella stessa località avvenne l'aggressione alla donna da parte di tre cani, due pitbull e un meticcio, che, dopo averla fatta cadere, la azzannarono in varie parti del tronco e del capo. Diverse le lesioni. I carabinieri, con il supporto del responsabile del servizio veterinario dell'Asl, individuarono all'interno di un opificio nelle vicinanze i tre cani di grossa e media taglia, non microchippati, risultati nella disponibilità della coppia. Gli animali sono stati affidati al canile sanitario di Carovigno, per poi essere trasferiti in un'altra struttura privata. Gli accertamenti biologici disposti dal pubblico ministero titolare delle indagini, e segnatamente l'estrapolazione del dna dagli animali e dei reperti, hanno avvalorato la tesi investigativa, ossia la responsabilità dei proprietari dei cani, che per negligenza e imprudenza non li avevano custoditi in un recinto consentendo così l'uscita dalla fabbrica grazie a un'apertura di circa 15 metri nel muro perimetrale dello stabilimento. La donna ha preferito non denunciare, tanto che per il secondo episodio non si è proceduto. 

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