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Cronache
Carni. Accuse infamanti e domiciliari. Ma il sindacalista è innocente, assolto

Il tribunale di Modena ha assolto il sindacalista nazionale del Si Cobas Aldo Milani dall’accusa di estorsione per non aver commesso il fatto.

Due anni fa, nel febbraio 2017, l’arresto clamoroso con l'accusa di estorsione perché, secondo la Procura, tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017, aveva chiesto ai fratelli Levoni di Global carni e Alcar Uno una somma compresa tra 60.000 e 90.000 euro per interrompere dei picchetti sindacali, in corso contro il licenziamento di alcuni lavoratori. 

Siamo a Castelnuovo Rangone in provincia di Modena, nel cuore della lavorazione delle carni suine italiane e nel sotto mondo del lavoro emiliano, dove eccellenze, caporalato, cooperative, subappalti e manodopera soprattutto immigrata che lavora senza garanzie si sovrappongono e si confondono: il 60% della popolazione di Castelnuovo lavora nelle carni. 

Delle telecamere nascoste dalla Polizia avevano “incastrato” Milani mentre uno dei responsabili dell'azienda consegnava una busta di denaro con 5.000 euro ad un procacciatore di affari, Danilo Piccinini. Piccinini era un intermediario tra il sindacato e l'impresa e in quel frangente Milani gli era seduto a fianco.

Per la Procura e la Polizia sarebbe stata questa la prova regina per dimostrare che il sindacalista stesse “incassando”. Il denaro, secondo l’accusa, sarebbe finito in una “cassa di resistenza”, una sorta di salvadanaio comune che il sindacato Cobas usa per il soccorso dei lavoratori in lotta. “Un disegno privo di qualsiasi fondamento”, spiega ad Affaritaliani l’avvocato Alessandro Gamberini che insieme al legale Marina Prosperi ha difeso Milani in giudizio. 

Per il sindacalista un’accusa infamante per la quale era finito un anno anche agli arresti domiciliari. “Era un simbolo e mostrare che fosse capace di un atto simile sarebbe stato devastante. Ma già dal primo colloquio mi sono accorto che non c’entrava nulla”, dice Gamberini.

Milani finì anche sulle pagine di giornali e tv nazionali. Ma quasi immediatamente il sindacato denunciò una possibile “montatura”. Il sindacalista al tempo affermò che era in quell'ufficio solo per parlare dei lavoratori licenziati e che nulla sapeva né della richiesta di denaro fatta all'impresa da Piccinini né del contenuto della busta.

Piccinini ha chiesto il rito abbreviato e ha subito una condanna a 2 anni e 4 mesi. Per Milani invece è arrivata l’assoluzione a metà maggio per non aver commesso il fatto, anche se la Procura aveva chiesto 2 anni e 4 mesi di carcere.

Il video non ha dimostrato un coinvolgimento del sindacalista. Se le trascrizioni della Polizia riportavano le parole “vi dò”, alla consegna della busta, gli avvocati difensori sono riusciti a far emergere, con una perizia, che in verità le parole pronunciate fossero “ti dò”, rivolto al solo Piccinini che poi aveva incassato il denaro.

In un comunicato diffuso dopo la notizia dell'assoluzione il Si Cobas Nazionale ha scritto: "l'intera vicenda era solo un'enorme castello di carta", spiegando che "il teorema accusatorio della Questura di Modena contro Aldo Milani è stato costruito in maniera talmente goffa da non risultare minimamente credibile ai giudici".

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