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Cronache
‘Ndrangheta in Ligura: case della polizia costruite della cosche calabresi

 

Le cosche calabresi vicine ai Piromalli hanno anche costruito appartamenti per la polizia. Per agevolare, si scrive nei documenti, la presenza delle forze dell'ordine che devono combattere il crimine organizzato. Non accade nel profondo sud ma al nord, nella ricca e fiorente Liguria. Con al centro il colosso delle cooperative emiliane Coopsette di Reggio Emilia che gestisce l'appalto.

 

 

Lo racconta un documentario di 7 puntate realizzato dall'associazione Casa della Legalità di Genova e dal blog di informazione Fivedabliu che spiega 30 anni di storia della penetrazione delle “ndrine” in Liguria, cartina al tornasole della 'ndrangheta al nord. Ricchezza economica, bellezza paesaggistica, turismo, benessere, cultura e amministrazioni pubbliche moderne sono il terreno fertile per gli affari di secondo livello delle 'ndrine.

 

 

Siamo negli anni '90 e sulle colline della Val Polcevera a Genova ha sede una raffineria della ERG. Si dismettono gli impianti e si procede verso una lottizzazione dell'area. Nasce un piano per realizzare 416 unità immobiliari, 60 mila metri quadri di zona artigianale, 28 mila mq di un centro commerciale Ipercoop ed un hotel. Con una variante urbanistica arrivano agevolazioni nella procedura di costruzione e finanziamenti pubblici. Sono fondi destinati alla realizzazione di immobili per i dipendenti della polizia di Stato, strettamente necessari alla lotta alla criminalità organizzata si scrive nei documenti. La bonifica del sito viene affidata alla società Eco Ge delle famiglie calabresi Mamone e Raso che la realizzano a modo loro.

 

 

Gli inquinanti vengono tombinati sotto una colata di cemento ma sono pronti a risalire. Agli abitanti del comparto, quindi anche ai malcapitati poliziotti, è vietato piantare ortaggi e arbusti che possano dare vita ad alimenti per l'uomo.

 

La lottizzazione è ad opera della società San Biagio Nuova controllata da Coopsette di Reggio Emilia. Ma nei subappalti, a realizzare il lavoro vivo ci sono i calabresi. Nella costruzione delle opere compare la società Cemin di Antonino Raso (arrestato nel 2016), impegnata nella ultime fasi della lottizzazione al fianco della Eco Ge.

Dopo anni di indagini e processi per corruzione e traffico illecito di rifiuti, ma mai per ’ndrangheta, nel 2017 per la prima volta la Direzione investigativa antimafia, chiede la sorveglianza speciale per diversi esponenti della famiglia Mamone. Le prove documentali dovevano arrivare dalla Svizzera ma non giungono in Italia e il tribunale di Sorveglianza rigetta la misura. Per gli avvocati dei Mamone “dimostra la totale infondatezza della vicenda”.

 

 

Paradossalmente la ‘nrdangheta viene considerata come un risolutore di problemi, gli stessi inghippi burocratici che le amministrazioni locali e lo Stato inseriscono lungo il cammino di un imprenditore. Ma molte volte sono le stesse “famiglie” ad avere uomini nelle pubbliche amministrazioni.

 

Se le aziende sane sono in difficoltà arriva la ‘ndrangheta che è l’unica a fornire soluzioni. Come le fideiussioni bancarie spesso tramite società estere o mettendo in moto meccanismi contabili in grado di far pagare meno tasse. Al tempo stesso sono risolutrici del problema più costoso per le grandi società di lavorazione: lo smaltimento dei rifiuti tossici. I clan sono maestri nell’interramento e nella sparizione.

 

 

Il documentario racconta come la piovra calabrese sia diventata consustanziale ai territori più ricchi del nord Italia. A ripetersi sono sempre i nome delle stesse famiglie calabresi, condannate per 'ndrangheta o anche solo indiziate dalla Dia o per altre attività: Gullace, Fotia, Raso, Mamone

 

 

Il grimaldello usato per entrare in questi territorio sono gli affari con le coop emiliane. Al centro le due di Reggio Emilia (dove la presenza cutrese è fortissima), Coopsette e Unieco. La maxi inchiesta Alchemia della DDA di Reggio Calabria, a cui hanno lavorato la Direzione Investigativa Antimafia e lo SCO della Polizia di Stato, documentano l'intreccio, con il coinvolgimento diretto di uomini della ‘nrdangheta, a partire dalle intercettazioni di Carmelo Gullace, referente nel nord-ovest del sodalizio e con conversazioni, registrate dagli inquirenti, emblematiche nello spiegare come i cooperatori si trovino a loro agio con gli uomini del clan.

 

 

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