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Cronache
Migranti e agricoltura bio, ecco come impiegare la loro forza lavoro

Nella sua essenza il problema sta nel basso livello di istruzione e formazione professionale dei migranti che sono dunque occupabili soltanto in mansioni semplici, a bassa specializzazione ovvero in settori a bassa produttività e bassi salari.

La domanda è dunque: esiste uno ‘spazio economico’ con caratteristiche coerenti con il basso profilo professionale della forza lavoro che migra verso l’Europa?

Esiste: sono le aree, i territori marginali, che per la logica stessa del capitalismo industriale – ottimizzazione dei processi produttivi e logistici – sono esclusi dal processo di sviluppo economico.

Uno sviluppo che si svolge necessariamente nelle aree metropolitane delle pianure dotate di possenti infrastrutture. Quelle direttamente implicate nel processo produttivo-distributivo sono strade, ferrovie, porti, aeroporti, metropolitane, autostrade, energia mentre quelle indirettamente implicate sono: scuole, centri di formazione, università, ospedali, strutture residenziali, case e facilities per il tempo libero: cinema, teatri, impianti sportivi, supermarket, piazze ed altri luoghi di aggregazione sociale; insomma metropoli efficienti, sicure e dotate di tutti i servizi ai residenti.

Le zone di montagna e collina, non suscettibili di sviluppo turistico e/o agricoltura e allevamento industriale, sono destinate pertanto alla marginalità socio-economica. Da più di un secolo sono caratterizzate da costanti flussi migratori diventando territori abbandonati con conseguente decadimento idrogeologico, perdita del patrimonio edilizio rurale e naturistico.

Utilizzando la leva fiscale – in sostanza drenando risorse dalla ricca pianura industriale verso le aree marginali – si potrà realizzare un lento ma lungo programma di recupero delle aree marginali della montagna, di molte montagne europee, utilizzando la forza lavoro a bassa qualificazione e costo, proveniente dai continenti che circondano l’Europa. Inizialmente le attività principali saranno quelle legate al recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio rurale.

Obiettivo strategico è quello di spostare, grazie alla potenza della tecnologia di comunicazione già disponibile, la forza lavoro intellettuale verso le aree marginali della montagna decongestionando le aree metropolitane, caratterizzate da crescente inquinamento atmosferico e da diseconomie logistiche.

In questo quadro la forza lavoro immigrata, che nella sua generalità possiede competenze agricole e di allevamento, potrà essere efficacemente occupata in coltivazioni di piccola scala, rigorosamente bio, per il consumo dei nuovi residenti migrati dalla città e ben disposti a pagare l’extra-prezzo di prodotti agricoli genuini a reale chilometro zero.

 

 

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