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Cronache
Così il contrabbando di sigarette finanzia il terrorismo. La ricerca

Ogni anno, la criminalità organizzata transnazionale genera profitti per una cifra stimata intorno agli 870 miliardi di dollari, circa l’1,5% del PIL mondiale, e i traffici illeciti (in particolare di droga) sono una delle più grandi fonti di reddito delle organizzazioni criminali1. Nel nostro Paese, secondo la Guardia di Finanza, fra i traffici illeciti più rilevanti il contrabbando di sigarette gioca un ruolo centrale: nel 2015, in oltre 8.411 interventi realizzati contro le frodi doganali, sono state sequestrate più di 274 tonnellate di tabacchi lavorati esteri e 549 mezzi terrestri e navali usati per il trasporto e l’occultamento delle merce, con la denuncia di 5.885 persone, di cui 226 arrestate. Sono questi alcuni dei dati emersi nel corso della Conferenza internazionale dal titolo “Le rotte dei traffici illeciti in Europa e nel Mediterraneo”, promossa oggi a Roma dall’Associazione Priorità Cultura, presieduta da Francesco Rutelli, e dallo IAI – Istituto Affari Internazionali, con il contributo di British American Tobacco Italia (BAT Italia).

All’incontro, focalizzato sul ruolo delle organizzazioni criminali e terroristiche e sui rispettivi traffici illeciti – dalla droga agli esseri umani, dai reperti archeologici alle sigarette – hanno partecipato il Presidente del Senato, Pietro Grasso; il Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni; il Sottosegretario di Stato, Marco Minniti; il Presidente di “Priorità Cultura”, Francesco Rutelli; il Presidente dello IAI, Ferdinando Nelli Feroci; il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti; l’Amministratore delegato di SWG, Adrio de Carolis; il Direttore Affari legali e Relazioni esterne di British American Tobacco, Jerome Abelman; il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo; il Segretario Generale anti-Corruzione della Repubblica Ellenica, Georgios Vasileiadis.

Contrabbando: per 1 italiano su 3 finanzia il terrorismo

Quali sono le principali fonti di finanziamento della mafia, del terrorismo internazionale e delle criminalità organizzate in Europa? Gli introiti di queste attività possono diventare uno strumento per sovvenzionare atti terroristici? L’Istituto di ricerca SWG ha realizzato, insieme a Voices from the Blogs (società partecipata da SWG) e con il contributo di BAT Italia, uno studio per fare il punto sulla percezione che gli Italiani in generale e, in particolare, i decision-maker hanno dei proventi che finanziano le organizzazioni criminali. Il 35% dei nostri connazionali è convinto che sia proprio il contrabbando di sigarette a giocare un ruolo di primo piano nel sovvenzionare il terrorismo internazionale. Più di 3 intervistati su 5, inoltre, lo giustificano come un “fenomeno che c’è sempre stato e sempre ci sarà” (64%) e che lo Stato tende a tollerare (62%).

Un dato allarmante che, una volta elaborato combinando i tweet “pro Da’esh” registrati sul web con gli indicatori relativi ai volumi di contrabbando, al numero stimato di foreign fighters e agli attentati effettivamente messi in atto, sembra evidenziare come non solo esistano delle correlazioni tra questi dati, ma che la crescita dei volumi di contrabbando di sigarette tenda ad anticipare, a livello locale, sia l’aumento del numero di foreign fighters e del sentiment “pro Da’esh” (con un arco di tempo di circa 3 mesi), sia il momento di esecuzione degli attentati (con arco temporale più lungo, di circa sei mesi).

“Senza dubbio – afferma Jerome Abelman di BAT, la multinazionale che ha supportato l’organizzazione dell’evento – il contrabbando dei prodotti del tabacco, che oggi rappresenta un fenomeno globale, costituisce una delle principali fonti di finanziamento delle criminalità transnazionali: i profitti che ne derivano sono notevoli, mente i rischi che queste attività comportano risultano ancora molto bassi. Sarebbe necessario – aggiunge Abelman – intervenire su più livelli: una collaborazione più stretta tra industria, Istituzioni e forze dell’ordine internazionali; la revisione della legislazione vigente e delle pene previste per il reato di contrabbando; colpire duramente i patrimoni che derivano da queste attività criminali”. Osservando il fenomeno in chiave europea, scopriamo che nel 2015 il contrabbando in Italia è tornato a livelli “standard”, intorno al 7%. Non è così però in altri Paesi europei, come la Gran Bretagna (21,5% del mercato) o la Grecia (19,8%), solo per citare alcuni esempi.

“Dati che devono far riflettere – aggiunge Abelman – dato che viviamo in uno spazio integrato in Europa e ogni vulnerabilità dei Paesi vicini mette a rischio anche la nostra sicurezza nazionale”. Concorde l’opinione di Georgios Vasileiadis, Segretario Generale anti-Corruzione della Repubblica Ellenica: “La Grecia, per la sua posizione geografica, rappresenta un corridoio “naturale” di passaggio tra l’Oriente e l’Occidente e, negli ultimi anni, ha visto crescere notevolmente il contrabbando dei prodotti del tabacco, che nel 2013 ha avuto l’incremento più significativo in Europa (+26%), a causa dell’aumento della tassazione, della crisi economica incombente e di una diffusa tolleranza sociale. Ogni anno, in Grecia, il contrabbando di sigarette frutta purtroppo 455 milioni di euro”.

Criminalità organizzate transnazionali: una filiera di collaborazioni tattiche

Dai dati SWG è emerso infine che, in questo momento storico, la minaccia del terrorismo, nel nostro Paese, è molto sentita: la paura degli attentati ha raggiunto il suo picco massimo dopo gli eventi di Parigi, al Bataclan (82%). Ma nonostante il terrorismo internazionale spaventi molto di più rispetto al passato, per i nostri connazionali il pericolo più grande rimane quello rappresentato dalle mafie, per via della loro pervasività nella vita economica e sociale quotidiana: la pensa così il 70% circa degli intervistati rispetto al 60% intimorito dal Da’esh.

Gli stessi decision-maker sottolineano come il “pericolo mafie” sia sempre presente ed attuale nel nostro Paese e come non sia pensabile una riduzione delle forze in campo per contrastarle. In particolare, 3 italiani su 4 (75%) ritengono che ci sia uno stretto legame tra mondo economico, mafie e Da’esh e per quasi il 60% degli intervistati proprio questi legami costituiscono un ostacolo chiave alla possibilità di realizzare un intervento internazionale mirato a colpire il terrorismo nelle sue fonti di finanziamento.

Dall’analisi emerge inoltre un disallineamento significativo nella rappresentazione che la popolazione ha di quali siano i canali di finanziamento specifici del Da’esh: con un sovradimensionamento dell’importanza attribuita al traffico di armi e di migranti (60% circa delle risposte), ma anche al finanziamento proveniente da gruppi, individui e Stati (71%) e una contestuale sottostima delle capacità di autofinanziamento, legate alla vendita di petrolio e alle confische ed estorsioni nei confronti della popolazione.

Tra i decision-maker più informati è ampiamente condivisa l’idea che non esistano rapporti strutturati tra mafie e Da’esh, ma che piuttosto sia presente una vasta filiera logistico- economico-commerciale, che coinvolge in momenti diversi tutti i soggetti in gioco, attribuendo a ciascuno un ruolo per la realizzazione di compiti specifici. In questo contesto, il peso delle criminalità organizzate è fondamentale per favorire un raccordo tra i territori sotto il controllo del Da’esh e di altre organizzazioni terroristiche, operando come intermediari per la distribuzione dei beni e delle risorse.

Quali sono, allora, le soluzioni di intervento, nella percezione degli Italiani, da mettere in campo per arginare questi fenomeni? Il 48% degli intervistati pensa che sarebbe auspicabile che l’Italia divenisse capofila di un accordo europeo di contrasto al contrabbando e, più in generale, alle fonti di finanziamento delle reti criminali e terroristiche.

L’Italia dovrebbe, inoltre, far sentire il suo peso all’interno dell’Unione Europea affinché ci sia uniformità di azione contro il contrabbando di sigarette: “A un problema globale serve una risposta globale”, come afferma il 46% degli intervistati. Parallelamente, sarebbe necessario guidare un’azione internazionale per contrastare le organizzazioni criminali che gestiscono il contrabbando (46%).

Tags:
contrabbandoterrorismo
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