Corruzione: appalti truccati in porto Napoli, "affare" da 22 mln
Corruzione: appalti truccati in porto Napoli, "affare" da 22 mln
La procura di Napoli ha effettuato indagini per oltre 2 anni, utilizzando sofisticati sistemi di intercettazione telefonica, informatica e ambientale, accertando che circa 22 milioni di euro di appalti sono state oggetto di turbativa d'asta da parte di uno "strutturato sistema illegale" che era composto da dipendenti corrotti dell'Autorità di sistema Portuale del Mar Tirreno centrale e da imprenditori. L'operazione denominata 'Cryptocorruzione 2.0' prende il nome dal fatto che imprenditori e funzionari utilizzavano un linguaggio in codice. Per mettersi d'accordo sugli strumenti o le tangenti che dovevano fare in modo che i lavori venissero aggiudicati dalle imprese 'amiche', gli indagati utilizzavano frasi critiche. Già a maggio 2017 G.D., responsabile dell'Ufficio manutenzioni dell'Authority, aveva ammesso di aver intascato 40mila euro per truccare alcuni bandi. Il sistema utilizzato era in un primo tempo quello di dichiarare delle attività come urgenti, in modo da mettere in atto procedure di gara più snelle, che facevano sì che le ditte complici si aggiudicassero l'appalto, anche perché veniva concordato preventivamente con i funzionari l'importo dei lavori. Un altro sistema era quello di gonfiare l'elenco delle ditte da invitare per le gare, inserendone alcune che erano solo formalmente e apparentemente diverse ma che in realtà erano intestate a prestanome degli imprenditori che avevano fatto cartello. Oppure c'era l'affidamento diretto, mantenendo l'appalto entro la soglia limite e frazionando l'importo dei lavori; anche in questo caso le ditte magari erano solo formalmente diverse.
Il sistema si metteva in moto già nella fase di individuazione e progettazione dei lavori, anzi i progetti venivano direttamente redatti dalle ditte interessate e passati ai funzionali corrotti che gli presentavano come propri. In questo modo erano anche conosciute le percentuali di ribasso da offrire per vincere la gara. Le tangenti servivano anche a garantirsi assenza di controlli da parte dell'ente, dato che i funzionari corrotti redigevano pure gli atti amministrativi necessari per i vari pagamenti. C'era poi lo stratagemma di invitare alle gare d'appalto le ditte indicate da quella che avrebbe poi dovuto aggiudicarsi l'appalto. E nel caso in cui l'appalto fosse di rilevante entità e non si potesse aggiudicare con gli strumenti già usati, il sistema era in grado di pilotare la nomina dei membri delle commissioni aggiudicatrici. Anche bandi di gara e gli atti amministrativi connessi venivano stilati dai funzionari coinvolti in queste indagine in maniera tale da essere criptici e garantire margini di profitti più ampi e quindi tangenti più consistenti. I avori erano infatti ridotti al minimo nonostante il corposo importo dell'appalto. Per gli inquirenti questo sistema aveva terreno fertile nella confusione amministrativa delle varie gestioni commissariali dell'Autorità portuale, insieme all'assenza di adeguati controlli e all'inefficacia del Piano di corruzione di cui l'ente si era dotato.
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